Da Visconti a De Sica, i trenta set che esaltano la bellezza delle ville venete nell’antologia cinematografica per rilanciare l’opera di Giuseppe Mazzotti

Da “Senso” (1954), capolavoro che Luchino Visconti girò a Villa Valmarana a Lugo di Vicenza, ad uno degli esiti meno felici di Alberto Sordi regista, “Assolto per aver commesso il fatto” (1992), in cui la festa del faccendiere Garrone ha come scenario la grandiosa scalinata palladiana di Villa Emo a Fanzolo di Vedelago.

Location che anche Liliana Cavani selezionò per “Il gioco di Ripley”, senza dimenticare il  “Don Giovanni” di Jospeh Losey ambientato nella vicentina Almerico Capra detta La Rotonda, “Un tranquillo posto di campagna”  di Elio Petri con Franco Nero e Vanessa Redgrave, girato in parte a Villa Cavali Lugli di Bresseo (Teolo), “Perdiamoci di vista” di  Carlo Verdone per cui fu scelta Ca’ Marcello di Levada (Piombino Dese) quale residenza della protagonista Asia Argento, il controverso “Porcile” di Pier Paolo Pasolini, che per l’episodio “Julian”  installò il set a Villa Pisani di Stra, fino ad “Amanti” di Vittorio De Sica del 1968, che vide nascere il flirt di Faye Dunaway e Marcello Mastroianni tra gli affreschi che Paolo Veronese dipinse per Villa Barbaro a Maser.

Il cinema cerca il bello. Perciò Le ville del Veneto e del Friuli Venezia Giulia sono state il set ideale per tanti film, dai lavori dei più noti registi italiani e stranieri (tra cui “Il mercante di Venezia del 2004, diretto da Michael Radford) alle produzioni minori, come “Culastrisce nobile veneziano” di Flavio Mogherini e “La partita” di Carlo Vanzina, in cui tre soldati a cavallo si aggirano nel labirinto di Villa Pisani. Già nel 1946 Mario Soldati girò alcune scene di “Daniele Cortis” a Villa da Schio a Castelgomberto (Vicenza); per alcuni cinefili sarebbe questo il primo film ad avere come ambientazione una villa veneta. Però il veneziano Carlo Montanaro, fondatore della “Fabbrica del Vedere”, fa risalire la primogenitura ad un’altra pellicola, contenuta nel suo archivio da cui ha selezionato le sequenze tratte da una trentina di film e montate nell’antologia per immagini “Cinema in Villa. Le ville venete attraverso il cinema d’autore”.

Tra queste c’è la realistica scena con il Burchiello trainato da cavalli, per la risalita del Brenta su cui si affacciano le storiche ville della riviera. E’ la sequenza iniziale de “La locandiera”, che il regista Luigi Chiarini iniziò a girare nell’estate del 1943, ed inserita nel filmato presentato giovedì 29 settembre da Montanaro nella sala conferenze della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, nella prima giornata del convegno “Una nuova primavera per le ville venete”, organizzato dall’associazione Premio letterario “Giuseppe Mazzotti” per rilanciare quanto fece lo studioso, pioniere della tutela e della valorizzazione dello straordinario patrimonio architettonico e paesaggistico. L’associazione riaccende i riflettori sulla prima mostra che nel 1952, allestita a Palazzo dei Trecento di Treviso, portò alla ribalta nazionale e internazionale la necessità di recuperare e salvaguardare le ville venete e friulane, eredità della Serenissima, e che, in larga parte, 70 anni fa versavano in stato di abbandono.  Giuseppe Mazzotti, coadiuvato dalla moglie Nerina, documentò con fotografie e filmati lo stato di un “unicum figurativo”.

Una per una, le ville presenti in Veneto (oltre 3800) e in Friuli (435) furono “fissate” in un dossier su cui Mazzotti attirò l’attenzione degli amici giornalisti, che cominciarono ad occuparsi di questi tesori dimenticati dalle istituzioni pubbliche. “Le ville non votano” si sentì rispondere Mazzotti, da un parlamentare veneto a cui aveva sottoposto il suo dossier. “Lui si recò a Roma, deciso a parlare con Mariano Rumor. Si deve alla sua cocciutaggine e alla sua persistente azione se si riuscì ad ottenere la legge istitutiva dell’ente ville venete”, è stato detto in apertura del convegno, sottolineando che il “tutore” delle ville venete avviò anche una campagna di valorizzazione della cultura contadina, in tutti i suoi aspetti, istituendo le strade del vino rosso e bianco e allevando una generazione di cuochi custodi della cucina tradizionale.

Francesco Vallerani, presidente del comitato scientifico della Fondazione Mazzotti, ha puntato l’attenzione sulla trasformazione del paesaggio veneto, definito un compendio dell’universo per la varietà dei suoi ecosistemi, dalla fascia costiera alla pluricultura delle colline (in primis la coltivazione della vite), dai corridoi fluviali alle montagne. Sistemi che stanno mostrando sempre di più la loro fragilità, minacciati dalle ragioni dell’economia e dal degrado ambientale. “Ci siamo dimenticati di appartenere alla biosfera” ha detto Vallerani, secondo cui sono quattro i più significativi testimonial della bellezza del paesaggio veneto, che “è un capitale di tutti e come tale va difeso”: Giuseppe Mazzotti, Mario Rigoni Stern, Andrea Zanzotto ed Eugenio Turri.

La proiezione dell’antologia “Cinema in Villa. Le ville venete attraverso il cinema d’autore” è stata aperta dal documentario “Case di ville venete” realizzato da Mazzotti, Franco Batacchi e Bepi Fini, legato alla mostra del 1952, e oggi depositato negli archivi del Fast. L’iniziativa del Premio letterario Mazzotti prosegue oggi, venerdì 30 settembre, dalle 9 alle 18 nella Sala Verde di Palazzo Rinaldi, sede municipale di Treviso. In programma il seminario “La salvaguardia delle ville venete come patrimonio culturale e bene comune” e il riconoscimento Lampadiere dell’ambiente 2022, nell’ambito del progetto “Mazzotti contemporaneo”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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