Treviso, “Dal burqa alla mascherina”: il giurista Nordio sui temi dell’identità visiva e della riconoscibilità

 

Il velo più famoso della storia, lo si sa, è quello di Maria, la madre di Gesù che viene celebrata oggi, martedì 8 dicembre 2020, in occasione della Festa dell’Immacolata.

In realtà, esistono diverse tipologie di coperture per il capo o per il corpo delle donne: il burqa, per esempio, è l’abito islamico che cela maggiormente il viso perché copre anche gli occhi tramite un pezzo di stoffa di spessore minore in modo da permettere a chi lo indossa di vedere (è comparso per la prima volta in Pakistan).

Il niqab è diverso dal burqa perché copre il viso lasciando una piccola area libera attorno agli occhi (Il niqab è diffuso nei Paesi del Golfo arabo come l’Arabia Saudita, lo Yemen, il Bahrain, il Qatar e il Kuwait).

L’hijab diffuso al giorno d’oggi, invece, è un velo che copre la testa e il collo, lasciando il viso della donna scoperto, ed è l’abito islamico più diffuso in Siria e nel Nord Africa.

Oltre al tema della copertura del viso, del capo o di altre parti del corpo per finalità religiose o culturali, oggi si pone il problema della riconoscibilità della persona che si trova a indossare la mascherina, presidio indispensabile per contrastare la diffusione del Covid, insieme al cappello e alla sciarpa nel periodo invernale, celando la propria identità.

In un’intervista concessa a Qdpnews.it, il giurista Carlo Nordio ha approfondito questo argomento, spiegando ciò che la legge italiana prescrive in merito.

“Io ho sempre sostenuto che il burqa in Italia sia illegittimo – spiega Nordio – L’importante è che il volto sia scoperto perché questo vuole la Legge Reale (Legge 22 maggio 1975 numero 152) ma anche l’Ordinamento di Pubblica Sicurezza, una legge un po’ più antica, che dispone che ogni persona sia riconoscibile e debba andare in giro a volto scoperto, salvo casi straordinari. Per esempio, abbiamo una deroga nelle situazioni ludiche (durante il Carnevale è consentito usare la maschera) o quando si parla di motivi sanitari (era già previsto che i pazienti trapiantati potessero usare la mascherina anche nei luoghi pubblici, per evitare i contagi)”.

“Abbiamo visto paradossalmente che oggi tutti abbiamo il burqa perché la mascherina, soprattutto se è associata agli occhiali da sole o magari a un cappello, diventa una vera e propria maschera, un travisamento totale – continua – Ma questo è sempre nell’ambito della nostra legge che prevedeva e prevede queste possibilità di deroga al principio fondamentale che impone di girare a volto scoperto”.

Per il giurista trevigiano, però, non può esistere una discriminazione per motivi religiosi rispetto a un principio di ordine pubblico.

“Una persona deve essere riconoscibile ovunque – aggiunge Nordio – Non si può entrare con il casco da motociclista in banca, anche se si deve usare quando si gira in moto. Da noi, quindi, il burqa non è ammissibile e per lo stesso motivo portare le armi, per motivi religiosi o per altri motivi, può essere consentito soltanto nei limiti indicati dalla legge che non prevede una scriminante religiosa”.

L’esempio classico è quello dei fedeli sikh per i quali la loro religione prevede che gli uomini debbano girare con un particolare pugnale (Kirpan).

Il Kirpan è una delle cinque K, ovvero i cinque articoli di fede che indossano tutti i sikh per dimostrare la propria convinzione nel Sikhismo.

“La legge italiana prevede che vi siano delle autorizzazioni prefettizie – precisa Nordio -, come per esempio il porto d’armi. In quanto tale il porto ingiustificato di un’arma da parte di una persona non è consentito. Se una persona va a comprare un coltellaccio da cucina e se lo porta a casa, gira con “arma quasi da guerra” visto che un coltellaccio può essere più pericoloso di una pistola. Quindi si potrebbe sostenere che un tipo di “pseudo-arma”, come un coltello non atto ad offendere, potrebbe anche essere consentito come succede con il trasporto di un paio di forbici o di un coltello da cucina dal negozio alla propria casa”.

Per Nordio l’approccio corretto è quello di valutare caso per caso anche se è certo che “non è possibile consentire un generalizzato trasporto di armi atte ad offendere, come un machete o un pugnale, nemmeno per motivi religiosi”.

 

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto e Video: Qdpnews.it © riproduzione riservata)
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