Dalle violenze nelle prigioni della Libia alla Marca. La storia di Messouho: “Sul barcone ho creduto di morire”

La storia di Messouho

Nonostante quello che ha passato, Messouho riesce a sorridere ancora, soprattutto quando gli fanno delle battute sulle ragazze.

Le violenze vissute nelle prigioni libiche e la paura di morire annegato durante il viaggio in mare verso l’Italia sono una ferita ancora aperta, ma ora la cosa più importante è quella di essersi salvato.

Lui ce l’ha fatta, ma per tanti altri uomini e donne con una storia simile alla sua non si può dire la stessa cosa, perché sono stati inghiottiti dal mare o sono morti nelle carceri o lungo il tragitto per raggiungere la Libia o la Tunisia.

Messouho non riesce a non pensare al suo amico ucciso dalla polizia libica perché aveva tentato di scappare dalla prigione.

La sua paura più grande, però, è quella di tornare in Costa d’Avorio, il Paese che aveva lasciato per il timore delle ritorsioni e delle violenze che poteva subire da suo zio.

Purtroppo, il parente non gli aveva creduto quando gli aveva confidato di aver subito una rapina perdendo la somma di denaro prestata.

Lo zio voleva fargliela pagare: per questo Messouho è scappato dalla Costa d’Avorio per provare a raggiungere l’Europa.

Ora vive a Treviso, in un posto sicuro, insieme ad altre persone di varie nazionalità che, proprio come lui, sono state costrette a lasciare la loro terra per motivi che, in molte occasioni, vanno contro la loro volontà.

È bravo a cucinare e per i suoi amici prepara dei piatti della tradizione ivoriana che, per un attimo, gli fanno pensare di essere a casa, la sua vera casa.

“Sono arrivato in Italia il 4 dicembre 2022 – racconta il giovane in un’intervista concessa a Qdpnews.it Quotidiano del Piave -. Prima di arrivare qua, ho vissuto la tragica esperienza della prigione in Libia. Le guardie del carcere erano molto cattive e hanno ucciso il mio amico perché una notte aveva deciso di fuggire con altri due ragazzi. Grazie ad un amico del direttore della prigione sono riuscito a lasciare la struttura e andare in Tunisia”.

“Quando sono arrivato in Tunisia – continua – ha pagato circa 1000 euro per me. Lì ho preso un barcone per raggiungere l’Europa. Il viaggio è stato pericoloso: le onde del mare erano molto alte e, ad un certo punto, il motore dell’imbarcazione si è fermato. Io e le altre persone a bordo non sapevamo cosa fare e abbiamo pregato Allah. Grazie a Dio i soccorritori sono venuti a salvarci e l’incubo è finito”.

“Vorrei dire una cosa che mi viene dal cuore – conclude -. Quelli come me non sono in Italia per fare del male agli italiani, ma solo perché cerchiamo la pace. L’Italia ha salvato le nostre vite, quindi non possiamo danneggiarla. Noi siamo delle persone ‘tristi’ (sfortunate) e la nostra speranza è soltanto quella di vivere bene”.

Messouho non sa quanto potrà restare ancora in Italia, ma il pensiero di essere rispedito in Costa d’Avorio lo terrorizza.

Nel Paese africano aveva frequentato il primo anno della Facoltà di Psicologia e, prima della disavventura che lo aveva colpito, aveva tanti progetti per il futuro.

Non cerca la pietà degli italiani, che sa essere in difficoltà per l’inflazione e per il mancato adeguamento dei salari al costo della vita; il suo unico desiderio è quello di poter lavorare per avere una dignità.

Lo scorso fine settimana il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen hanno visitato Lampedusa per vedere da vicino le difficoltà legate all’accoglienza delle migliaia di persone arrivate nell’ultimo periodo.

Da anni si sprecano le parole su questo argomento, cercando soluzioni ad un problema epocale complesso da fermare.

I migranti lasciano le loro nazioni a causa della guerra, della povertà, degli effetti del cambiamento climatico o soltanto per migliorare la loro condizione di vita.

Non sempre hanno il diritto di restare ma intanto, quando arrivano in Italia, devono essere accolti e questo a volte crea dei problemi con le comunità locali.

L’Italia chiede una maggiore solidarietà da parte degli altri Paesi dell’Unione Europea, incassando in più di un’occasione tanta freddezza da chi non vuole avere queste persone dentro i propri confini nazionali.

Una soluzione sostenuta dall’Esecutivo Meloni è quella di bloccare le partenze dal Nordafrica, ma per farlo è necessario un rafforzamento delle relazioni con i governi locali, spesso tutt’altro che affidabili.

Questa situazione porta a considerare le persone che arrivano nel Belpaese come dei numeri, dimenticandosi che dietro ognuno di loro ci sono delle famiglie, degli amici, degli affetti e delle speranze proprio come le nostre.

Messouho si augura che le persone che leggeranno la sua storia non chiudano il cuore a chi sta soffrendo, provando invece a mettersi nei panni dei migranti che, prima di tutto, sono degli esseri umani.

(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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