Alcuni dei partecipanti alla rissa avvenuta nella serata di mercoledì, in cui è stato picchiato a morte Ragip Kolgeci, titolare di un’azienda di ponteggi, nella mattinata seguente sono usciti dalla Questura di Treviso dopo essere stati ascoltati dagli inquirenti.
In faccia si scorgevano ancora i segni della rissa di ieri: c’è chi ha il naso rotto, chi la testa fasciata, tutti camminano a fatica. Al polso il braccialetto bianco dell’ospedale e sul gomito il nastro adesivo solitamente messo dopo i prelievi del sangue, a significare che qualche ora al Pronto Soccorso l’hanno trascorsa. “Non abbiamo nulla da dire” è la frase più ricorrente. “Lui non c’entrava nulla – spiega un accompagnatore di un ragazzo albanese – ha preso una bottigliata in testa e ha visto tutto nero. Non si ricorda nulla di quello che è successo”. Saranno comunque gli agenti della Polizia a chiarire la posizione di ogni persona sentita.
Cinquecento euro: è questa la cifra per la quale Ragip Kolgeci sarebbe stato ammazzato. La zona residenziale è stata teatro di un violento regolamento di conti tra due fazioni della stessa etnia.
Era il figlio di Kolgeci, secondo una ricostruzione degli inquirenti, ad avanzare la somma di denaro da Afrim Manxhuka (uno dei due kosovari arrestati con l’accusa di omicidio). All’appuntamento entrambe le parti si sono presentate numerose e armate di coltelli, spranghe e tirapugni. In breve tempo è scoppiata una violenta rissa nella quale Kolgeci è rimasto ferito a morte. Spetterà ora al medico legale stabilire se la causa del decesso siano state le tre coltellate alla gamba (che molto probabilmente hanno reciso l’arteria femorale) o le violente botte ricevute alla testa da una mazza con una estremità appuntita. In ospedale sono finiti anche alcuni famigliari della vittima, uno di questi in condizioni più serie rispetto agli altri.
Diversi i partecipanti all’aggressione identificati dalle Forze dell’ordine e che sono stati denunciati per rissa aggravata, mentre due di loro sono stati arrestati con l’accusa di omicidio: si tratta di due connazionali della vittima, Valmir Gashi e Afrim Manxhuka. Il primo ha già numerosi precedenti, tra cui un’accusa di omicidio stradale, il secondo invece denunce per reati minori.
Vista la violenza dell’aggressione le indagini della Squadra mobile, coordinate dal dirigente Immacolata Benvenuto, si sono immediatamente concentrate anche sugli ospedali della provincia. Ed è proprio in quello di Oderzo che gli investigatori hanno rintracciato e arrestato Afrim Manxhuka.
Diverse sono state anche le armi lasciate a terra lungo via IV Novembre, tra cui spranghe e coltelli. Spetterà ora alla Polizia Scientifica scoprire quali siano state utilizzate per uccidere l’imprenditore kosovaro.
Sono state diverse le chiamate ai numeri di emergenza che attorno alle 22 di ieri sono arrivate ai vari centralini delle Forze dell’ordine. Secondo il racconto della titolare del bar La Musa sono stati loro a chiamare per primi i soccorsi che “sono arrivati dopo circa 5 minuti”. Al suono delle sirene e alla vista dei lampeggianti, i partecipanti alla rissa hanno iniziato la loro fuga disordinata. “Uno di loro è riuscito a entrare nel bar – continua la donna – è corso in bagno ed è uscito dalla finestra. La sua faccia era una maschera di sangue”.
Nonostante la donna dichiari di “non aver mai visto queste persone”, nel pomeriggio di giovedì il locale è stato posto sotto sequestro “in seguito al grave evento delittuoso avvenuto nella serata scorsa e sulla scorta di precedenti controlli della Questura”. “La Musa” rimarrà chiuso per ragioni di ordine e sicurezza pubblica per sette giorni a partire dalla giornata di giovedì 13 ottobre, come da provvedimento del questore di Treviso.
È stato lo stesso questore, la dottoressa Manuela De Bernardin Stadoan, nella mattinata di giovedì a definire la violenta rissa avvenuta nella notte come “un fatto non consono alla città di Treviso, che ha riguardato dei gruppi famigliari di un’etnia e non il tessuto sociale della città”.
Nonostante proseguano serrate le indagini della Squadra Mobile “è stato immediatamente definito il contorno della vicenda – continua il questore – e abbiamo raccolto degli elementi che hanno portato all’arresto di due persone, la cui posizione è ora al vaglio della magistratura”.
(Foto: Questura di Treviso).
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