“Dopo l’8 settembre 1943”: volti e storie degli internati trevigiani nel libro di Pietro Baratto 

Pietro Baratto

S’intitola “Dopo l’8 settembre 1943” il libro di Pietro Baratto presentato ieri sera, venerdì, a Palazzo Rinaldi. Alla presentazione, organizzata dall’Anpi, erano presenti Antonella Lorenzoni, presidente della sezione Anpi di Treviso e Giuliano Varnier, presidente provinciale dell’associazione nazionale Partigiani d’Italia. 

Ha dell’incredibile l’episodio che ha incoraggiato l’autore valdobbiadenese a portare fino in fondo la sua ricerca storica sulle vicende di internati militari e civili trevigiani periti nei campi di prigionia dopo l’armistizio di Cassibile.  

La copertina del libro di Baratto

“Ho iniziato la mia ricerca storica nel 2019 inizialmente concentrandomi sugli internati originari di Valdobbiadene – racconta –. È così che mi sono imbattuto nella storia di Giovanni Pappo Casagrande, un calzolaio residente a Valdobbiadene, nato in Romania nel 1907, e arruolato come soldato nel 55° Reggimento Fanteria divisione Marche. Casagrande fu deportato in Polonia dove morì per poi essere sepolto al cimitero militare italiano di Bielany (Varsavia). Su quest’uomo avevo molte informazioni, ma non riuscivo, nonostante gli sforzi, a rintracciarne i parenti. Tuttavia non mi persi d’animo, qualcosa mi spingeva ad insistere”. 

Sala Guadagnin gremita per la presentazione

Un giorno, in un autobus, Baratto avvicina una signora che sta per scendere proprio nella zona in cui il soldato abitò. “Le chiesi se conoscesse Pappo Casagrande e con grande sorpresa di entrambi mi disse di essere sua figlia: il 12 settembre del ’43, quando fu catturato, aveva appena 3 anni e da allora non ebbe più sue notizie”.  

Fra lacrime di commozione, tanto dell’autore quanto di Costanza Pappo Casagrande, quest’ultima ha potuto ritrovare il padre perduto fra i documenti storici raccolti da Pietro Baratto, fino al viaggio più inatteso e insperato, al cimitero di Bielany, dove è sepolto il genitore di cui non aveva notizie da 75 anni. 

“Pensai che come Costanza tanti altri potevano aver perso le tracce dei loro parenti internati: questo mi diede la spinta per proseguire la ricerca”. 

Antonella Lorenzoni, Pietro Baratto e Giuliano Varnier

Il libro, pubblicato con il sostegno del Comune e della Provincia di Treviso e delle associazioni Anpi, Anei, Anrp, Divisione Aqui e Veterani e Reduci garibaldini, ripercorre le vicende di 1330 internati della provincia di Treviso fra civili, militari e partigiani condensando anni di ricerche e viaggi tra archivi storici, cimiteri, come quello militare italiano di Mauthausen, e centri di documentazione specializzati come quello che si trova a Berlino, dedicato al lavoro coatto. 

Il pubblico in sala Guadagnin a Palazzo Rinaldi

Emblematica del dramma che seguì l’armistizio è la foto di copertina del volume, introdotto da Federico Maistrello di Istresco. Nell’immagine immortalata il 13 settembre ’43 da Aldo Nascimben si vedono i soldati italiani intruppati in Cal Maggiore e scortati a forza dai militati tedeschi verso la stazione per essere deportati in Germania e in Polonia. 

Proprio tra quelle file di soldati disarmati e sgomenti inizia a maturare la consapevolezza dell’assurdità di quella guerra e il seme della Resistenza. L’8 settembre, come sottolineato ieri alla Caserma Cadorin dal ministro Carlo Nordio in occasione dell’80° anniversario dalla chiusura del campo di internamento di Monigo, non segnò la fine della guerra per l’Italia, ma “l’inizio della fine”, aprendo ad una pagina di storia dolorosa con cui bisogna ancora fare i conti. 

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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