Cambia la geografia delle esportazioni del manifatturiero e la Marca trevigiana guarda soprattutto a est.
Mentre i tradizionali mercati europei dei prodotti “Made in Treviso” sono in affanno, cresce l’export verso Turchia, Cina, Emirati Arabi Uniti, area balcanica.
“È un ulteriore segnale dei sommovimenti geopolitici internazionali – considera Loris Balliana, vicepresidente vicario di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana – ma è anche la testimonianza della capacità di adattamento delle imprese trevigiane. È un processo che, tuttavia, deve essere sostenuto da una seria politica industriale e commerciale. Il calo del 2,3% delle esportazioni nel 2024 rispetto al 2023 è un campanello d’allarme, attestando le esportazioni della manifattura trevigiana a 11 miliardi e 590 milioni di euro, con oltre 267 milioni di euro di fatturato in meno rispetto all’anno scorso”.
Il dato negativo è dovuto soprattutto al mercato dell’Unione Europea, dove la manifattura trevigiana ha perso il 4,3% del fatturato (quasi 317 milioni di euro in meno), solo in parte compensato dall’aumento dell’1,1% dell’export nei paesi extra UE (oltre 49 milioni di euro in più).
Il “grande malato” è la Germania, dove sono stati persi oltre 168 milioni di fatturato esportato (il 63% del totale delle perdite di export), con un calo del 9,7 che diventa del 12,8% se rapportato al 2022. Tra i Paesi comunitari con maggiori importazioni di prodotti trevigiani, segno meno per la Francia (- 2,9%), la Romania (- 6%), la confinante Austria (- 5,9%), i Paesi Bassi (- 2,9%) e la Cechia (- 11,9%).
A confermare l’impatto della geopolitica, il crollo dell’export verso la Russia (- 13,8%) con un fatturato in discesa di 25 milioni 546 mila di euro, e verso l’Ungheria (- 16,1%), dove sono stati persi 27 milioni 586 mila euro. In discesa anche le esportazioni verso il Regno Unito post Brexit, calate di quasi 27 milioni di euro, meno 4,7% che diventa meno 14,1% se rapportato al 2022.
“Non si tratta di un fenomeno passeggero, – mette in guardia Balliana – per questo occorre accompagnare le imprese verso altri mercati. L’export in direzione Turchia ha fatto un balzo del 24,1%, con una crescita di quasi 93 milioni di euro, seguita dall’area balcanica, più 5,8% per un valore di quasi 110 milioni di euro, dalla Cina, più 7,5% per un valore poco sopra gli 11 milioni di euro, dagli Emirati Arabi Uniti, le cui importazioni sono cresciute di oltre 8 milioni di euro, il 2% in più. Bene anche l’export verso il Canada (+ 5,6%), anche grazie agli accordi commerciali, e verso gli Stati Uniti (+ 3,1%), con una ripresa in entrambi i paesi rispetto al calo dell’anno scorso confrontato con il 2022″.
Rispetto ai settori, è un vero e proprio boom per i prodotti farmaceutici (+ 59,5%); bene anche gli alimentari (+ 8,6%), le bevande (+ 8,2%), la metallurgia (+ 3,9%), le apparecchiature elettriche (+ 2,3%) e i computer (+ 1,8%).
“Qualche segnalale di ripresa, – segnala Balliana – si registra che nel legno-arredo (+ 1,7%), settore nel quale l’Associazione sta investendo molto per stimolare l’innovazione. Resta, invece, profonda la crisi dell’abbigliamento (- 10%), del tessile (- 7,1%) e degli articoli in pelle (- 16%) dove la concorrenza internazionale è molto forte. Anche in questo settore occorre orientare le aziende verso i prodotti di alta gamma, dove innovazione e creazione sono il valore aggiunto che compensa i maggiori costi di produzione. Anche i settori legati all’automotive stanno soffrendo: le esportazioni sono calate del 6,3% rispetto al 2023 e addirittura del 22,5% rispetto al 2022. È una partita europea dove l’Italia deve fare sentire ora la propria voce”.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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