Giovani con cardiopatia e sport: è “made in Treviso” il primo centro nazionale specializzato. In Italia 4 giovani su mille a rischio di morte improvvisa

“Questo riconoscimento va a coronare un percorso che inizia lontano, e che ha portato alla creazione di un centro unico non solo a livello Veneto, ma a livello nazionale”. Così il dottor Patrizio Sarto, cardiologo e direttore della struttura complessa Medicina dello Sport dell’ Ulss 2 Marca Trevigiana sul riconoscimento che la Regione Veneto ha conferito al primo Centro di riferimento regionale per lo sport nei giovani con cardiopatia presentato questa mattina al Ca’ Foncello di Treviso in presenza dello stesso Sarto, del direttore dell’Ulss 2 Marca Trevigiana Francesco Benazzi e di Marialuisa Ferramosca, direttrice del Suem 118 di Treviso.

Il centro è il frutto di oltre un decennio di intenso lavoro di squadra svolto da un team di professionisti dell’Ulss trevigiana guidato dal dottor Sarto. Questa attività, che fino ad ora si è svolta “lontana dai riflettori”, ora ha ottenuto il sigillo della Regione Veneto che può vantare una realtà, la prima in Italia, specializzata nella diagnosi delle cardiopatie dei giovani  – l’età media è di 17 anni – che, con approccio multidisciplinare, va a creare una vera e propria rete di protezione attorno al paziente e ai propri famigliari, offrendo sostegno psicologico, formazione e soluzioni per fare fronte tempestivamente alle emergenze.

Il Centro di riferimento regionale sarà oggetto del convegno in programma sabato 17 giugno dalle 8.30 alle 12, nella sala riunioni del Ca’ Foncello a cui parteciperanno dei luminari del settore fra cui Cristina Basso, direttrice dell’unità di Patologia Cardiovascolare dell’Università di Padova che interverrà sul tema delle morti improvvise. Al convegno interverranno anche Paolo Patelli, direttore del dipartimento di prevenzione dell’Ulss2, Gianni Di Salvo, direttore dell’unità di cardiologia pediatrica dell’Unipd, la direttrice Marialuisa Ferramosca e alcuni giovani cardiopatici che per l’occasione condivideranno le loro testimonianze.

“Il riconoscimento è un merito che ci siamo guadagnati lavorando quotidianamente sul campo – commenta soddisfatto il direttore dell’Ulss 2 Marca Trevigiana Francesco Benazzi -. Ringrazio in particolare l’assessore regionale alla Sanità Manuela Lanzarin, per aver riconosciuto l’esperienza decennale del team diretto dal dottor Sarto a cui va il merito di essere l’ideatore e attuatore di questo centro che rappresenta un unicum a livello nazionale, offrendo un punto di riferimento autorevole per i giovani con una cardiopatia. La malattia, e qui il fine del centro, non solo deve essere diagnosticata precocemente, ma deve accompagnare il paziente in un percorso di consapevolezza, scongiurando l’allontanamento dallo sport che al contrario, se praticato secondo regole personalizzate, previene altre malattie croniche causate dalla sedentarietà. Il centro infatti accompagna il paziente nella fase successiva alla diagnosi che comporta un cambio di stile vita talvolta radicale, cosa che impatta fortemente anche dal punto di vista psicologico. Per questo il centro ha un approccio multidisciplinare alla patologia avvalendosi di cardiologi, medici dello sport, psicologi e sanitari del Suem 118, coinvolgendoli nella formazione del paziente e dei propri familiari, offrendosi come punto di riferimento a 360 gradi”.

“Questo centro è la prova che solo lavorando assieme si vince. Il Suem 118 si inserisce nella rete di protezione che si crea attorno al giovane con cardiopatia collaborando con altri professionisti – commenta Marialuisa Ferramosca, direttrice del Suem 118 di Treviso -. In Italia registriamo 60 mila decessi per arresto cardiaco ogni anno, molti dei quali sono causati da una mancanza di formazione. Di arresto cardiaco ci si può salvare – sottolinea -, a patto che si attivi immediatamente la catena del soccorso che parte con l’allarme al 118 e passa per il massaggio cardiaco e per l’uso del defibrillatore. Nel caso dei giovani pazienti cardiopatici, noi interveniamo formando i famigliari a cui si insegna a riconoscere l’arresto, ad effettuare le compressioni toraciche e ad usare il defibrillatore. Per ora abbiamo formato una sessantina di familiari di soggetti cardiopatici nell’ambito del centro in questione, ma contiamo di formarne molti ancora in un prossimo futuro. Inoltre – conclude – la sede operativa del Suem può attingere ai dati del centro in modo da essere in possesso, in caso di emergenza, delle informazioni utili sul paziente: l’equipaggio in questo modo si mette in viaggio con un quadro clinico chiaro del paziente, intervenendo in modo mirato”.

Circa 3-4 giovani ogni 1000 soffrono di una cardiopatia, una casistica che non si allontana di molto da quella del tumore mammario – spiega il dottor Sarto -. Il centro, effettuata la diagnosi, che già di per sé è un processo complesso, che mette in campo una serie di competenze e tecnologie altamente specifiche per individuare delle malattie perlopiù di origine genetica che non presentano sintomi. Raccolta la storia del paziente, che passa per le visite mediche ai genitori e gli esami genetici in collaborazione con l’Università di Padova, il secondo passo sta nell’assistenza psicologica. Una diagnosi del genere per alcuni ragazzi va a spezzare dei sogni, e ha un impatto devastante sulle famiglie che provano rabbia, frustrazione e talvolta senso di colpa. Il centro accompagna in un percorso che fa guardare nuovamente con fiducia nel futuro. Ad oggi abbiamo già preso in carico circa una sessantina di casi, ma il numero crescerà, non perché i casi siano in aumento – puntualizza -, ma perché fortunatamente c’è maggiore sensibilità sul tema e di conseguenza una maggiore diagnostica, forte dei passi avanti fatti dalla ricerca e dalla tecnologia negli ultimi anni. Come già sottolineato da Benazzi e Ferramosca, la formazione è il pilastro del nostro centro che insegna ai ragazzi a vivere in modo consapevole, partendo dalla corretta assunzione delle medicine, fino ad insegnare, caso per caso, quali sono gli sport e le modalità più idonee per praticarli in sicurezza. Ciò che è importante comunicare ai cittadini è non solo la presenta di questa realtà, che è un vanto dell’Ulss2, ma anche l’importanza dello screening. Circa 16 mila ragazzi passano per il nostro centro di Medicina dello Sport ogni anno, e questo avviene grazie alla rete che si crea con le scuole e le società sportive del territorio che vanno considerate parte integrante di una rete che pone al centro il giovane paziente”.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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