Grandi emozioni ieri a Treviso in occasione della ricorrenza del 43esimo anniversario del salvataggio, da parte dell’Italia, dei vietnamiti che scappavano dalle violenze vissute nel loro Paese durante la Guerra del Vietnam.
“1979, Vietnamiti in Italia – Memorie del passato per l’identità di un’Italia futura” è il titolo dell’evento organizzato da “Đông Sơn – Associazione Comunità Vietnamita Italiana” e ospitato nella splendida cornice di Palazzo dei Trecento.
Presenti numerosi testimoni diretti di quella tragica vicenda storica, sia vietnamiti che italiani, il sindaco Mario Conte, giunto al termine della cerimonia per un saluto, la presidente dell’associazione “Đông Sơn”, Tô Cẩm Hoa, diversi rappresentanti della Marina Militare Italiana, della Croce Rossa, della Caritas insieme ad alcuni volontari che presero parte alle operazioni di salvataggio e di accoglienza dei profughi in Italia.
“Questa iniziativa – spiegano gli organizzatori – è nata per celebrare non solo il modo straordinario in cui il popolo italiano ci accolse a braccia aperte, ma anche il risultato dello spirito di sacrificio, l’arricchimento sentimentale e culturale da parte degli italo-vietnamiti e il contributo significativo che essi hanno apportato in tutti questi anni al tessuto sociale ed economico italiano dal punto di vista intellettuale, storico e delle risorse umane”.
Quest’anno si è puntato sul concetto delle seconde generazioni, sia per i giovani italiani affinché ricordino come l’Italia rispose concretamente ad un’emergenza umanitaria di livello internazionale, sia per i giovani italo-vietnamiti cresciuti in Italia, che hanno saputo onorare la propria famiglia e le proprie radici sopportando il pesante fardello dei loro genitori arrivati in Italia come superstiti della Guerra del Vietnam e della tragedia dei Boat People.
“Nell’estate del 1979 l’Italia – continuano -, grazie ad una missione militare della Marina Italiana decisa dal governo italiano su insistenza dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, nell’indifferenza generale salvò 907 profughi vietnamiti, in fuga dalla dittatura stalinista, abbandonati a loro stessi nell’Oceano indiano dando loro una nuova speranza di vita. Nell’agosto del 1979 molti dei rifugiati arrivarono a Venezia e successivamente vennero trasferiti nei centri di assistenza della CRI”.
“Successivamente – proseguono – gran parte di loro troverà sistemazione sul territorio italiano, dove s’inserirà ed integrerà venendo a costituire un nucleo che continua tutt’oggi a mantenere un forte e commosso ricordo di quella drammatica esperienza e una particolare gratitudine alla Marina Militare e all’Italia che li ha accolti. È intenzione della nostra comunità vietnamita italiana onorare lo spirito di solidarietà di cui allora il governo italiano si fece promotore, mettendo in luce l’arricchimento sentimentale e culturale che la comunità vietnamita ha portato all’Italia”.
Commoventi alcune testimonianze di rappresentanti della Marina Militare Italiana, della Croce Rossa e della Caritas, senza dimenticare le storie dei profughi e delle nuove generazioni di italo-vietnamiti, tra di loro anche un giovane sacerdote di Verona, che hanno condiviso con il pubblico dei racconti molto toccanti.
“Le istituzioni italiane si sono messe a disposizione di un popolo che in quel momento stava vivendo una difficoltà – ha affermato il sindaco Conte -, ricevendo tanto. Lo dico a nome di una comunità, quella trevigiana, che si è sempre e solo trovata bene con quella vietnamita. Non c’è mai stato un momento di tensione, nemmeno quei brutti pregiudizi che troppe volte caratterizzano i rapporti. Nel vostro caso c’è sempre stata una mano tesa, pronti ad aiutare”.
“Voi non avete soltanto ricevuto – conclude -, perché avete dato davvero tanto. Vi ringrazio e mi piace pensare che questo sia un rapporto che continuerà a crescere perché, di generazione in generazione, ci sarà questa condivisione di culture che è qualcosa di davvero bello”.
“Ai nostri figli abbiamo voluto trasmettere i valori di riconoscenza e gratitudine verso l’Italia – ha detto Nguyen Thi Thanh Uyen – Quello che cerchiamo di consegnare ai giovani non vuole essere un fardello da caricare sulle loro spalle, ma un seme che attecchisce, che germoglierà e crescerà. Nutro una grande speranza nei nostri figli: se noi, Boat People, siamo sopravvissuti ad una guerra fratricida, alle difficoltà immense della traversata da un continente ad un altro, iniziando una nuova vita a mani vuote, e siamo riusciti ad integrarci nella società, vuoi che i nostri figli, sangue del nostro sangue, non siano in grado di fare più e meglio di noi?”.
“Dal profondo del mio cuore – continua -, ho due messaggi, ricavati dalle mie esperienze passate, che vorrei inviare a mio figlio Riccardo e a tutti i giovani della sua generazione. Primo: non dare per scontato quello che si ha, soprattutto le cose immateriali, i valori, gli affetti e le amicizie per apprezzarli quando ormai è tardi. La libertà di cui avevamo goduto prima della guerra non ci sembrava così importante finché non abbiamo dovuto affrontare il mare, con le sue insidie, mettendo a repentaglio la nostra vita pur di riaverla di nuovo”.
“Secondo – aggiunge -: se vuoi qualcosa di meglio nella vita non toglierla a chi ce l’ha ma creala con le tue mani e con le tue capacità. Le famiglie ricche del Vietnam, da cui tanti Boat People provengono, sono state vittime di atti di espropriazione da parte di coloro che avevano vinto la guerra. Potrei rendere meglio il concetto con l’immagine della torta: un mondo in cui le fette di torta a disposizione di tutti sono sempre più ridotte, e ci si fa la guerra per accaparrarsi ciò che appartiene ad altri, io credo nei giovani”.
“Sono convinta che saranno in grado di creare qualcosa di buono a beneficio dell’umanità – prosegue – mettendo a frutto il seme dei valori che li abbiamo trasmesso per aumentare la torta e moltiplicare le opportunità di crescita per tutti. Superando le difficoltà e le vicissitudini, abbiamo cercato di costruirci un futuro migliore e non abbiamo mai pensato a vendicarci dei torti subiti”.
“A prescindere dalla propria fede religiosa – conclude -, credo politico, razza o status economico, se parliamo e ascoltiamo con il cuore aperto e la mente illuminata, per migliorare noi e il mondo circostante, otterremo come risultato una sinfonia perfetta, un coro eccelso che ci condurrà ad assaporare una torta sempre più grande e buona. Io credo nei giovani e ringrazio ancora una volta l’Italia per aver reso tutto questo possibile e fattibile”.
Al termine della cerimonia, la giornata è proseguita con il pranzo cerimoniale al ristorante Villa Fiorita a Monastier di Treviso.
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