Sabato 7 maggio, nell’aula magna dell’Istituto Universitario Salesiano IUSVE di Mestre, è stata presentata la petizione popolare per il riconoscimento del “bambino come patrimonio dell’umanità”.
Presenti al convegno Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’ISTAT (Istituto nazionale di statistica), Francesco Belletti direttore del CISF (centro internazionale studi famiglia), Gino Soldera presidente dell’ANPEP (associazione nazionale di psicologia e di educazione parentale), Marina Casini presidente del MPV (movimento per la vita), Mario Conte sindaco di Treviso, Sonia Brescacin consigliere regionale veneto, Simona Baldassarre eurodeputata e componente la commissione FEMM (commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere), Francesco Gallo del Forum delle famiglie, Rosella Oselladore presidente del CAV (centro d’aiuto alla vita) e Ugo Ceron dell’associazione comunità Papa Giovanni XXIII.
Molti i punti trattati, a partire dalle famiglie che, ad oggi, con le molteplici difficoltà di natura economica e con le paure e timori che seguono, sono sempre più “magre”. La gran parte delle famiglie, il 63,3 per cento, è formata da un unico nucleo familiare. Si tratta soprattutto di coppie con figli (il 32,8 per cento del totale delle famiglie), che negli ultimi anni sono state raggiunte e superate dalle famiglie unipersonali, e di coppie senza figli (il 19,8 per cento). Una famiglia su dieci è formata da un nucleo monogenitore, si tratta prevalentemente di madri sole, in leggero aumento rispetto al biennio precedente (8,7 per cento) e solo nel 2,0 per cento di casi di nuclei composti da padre e figli.
“Il 2020 è stato un anno difficoltoso per le nascite – afferma Blangiardo – soprattutto a novembre e dicembre. Nel gennaio e febbraio 2021 è proseguito il calo delle nascite con un ulteriore abbassamento della natalità. Il Covid ha generato una serie di disagi e paura, quindi molti concepimenti sono stati ritardati nei tempi. Nel bilancio complessivo 2021 sono stati registrati 499 mila nati, un valore mai raggiunto nella storia dell’Italia”.
“Quello che preoccupa maggiormente e che non stiamo assistendo a situazioni di recupero – continua -. C’è la consapevolezza di quali sono i problemi, sappiamo dove agire ma manca l’azione vera e propria. Siamo in una situazione in cui crescerà il saldo naturale negativo, cioè la differenza nati – morti. L’anno scorso sono stati registrati 310 mila morti in più rispetto ai nati. Questo divario, a livello nazionale, avrà quasi il doppio dei morti rispetto ai nati”.
“Siamo in una società che potremmo chiamare post familiare: le famiglie vivono una destrutturazione – dice Belletti – sono più vulnerabili, i legami di coppia sono più fragili, le responsabilità educative sono diventate più difficili quindi si fanno meno figli e si vive una cultura e condizione di isolamento e vulnerabilità. C’è un segnale d’allarme nell’ambito familiare perché la famiglie sono più magre, più strette e hanno ancora molti carichi e funzioni che devono esercitare.
“Per la politica, i consultori, i servizi socio-sanitari e per le comunità ecclesiali la grande sfida è accompagnare la famiglia in queste difficoltà. La famiglia non è il grande malato del nostro Paese ma è un soggetto forte che ha bisogno di assistenza e manutenzione: occorre investire sulla famiglia come risorsa e credere alla famiglia”.
Nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o rinunciare alle nozze. I matrimoni celebrati in Italia sono stati 96.841, il 47,4% in meno rispetto al 2019. In calo soprattutto le nozze con rito religioso (-67,9%) e i primi matrimoni (-52,3%). Per i primi nove mesi del 2021 i dati provvisori indicano, rispetto allo stesso periodo del 2020, un raddoppio dei matrimoni, ma la ripresa non è sufficiente a recuperare quanto perso nell’anno precedente.
La caduta dei matrimoni è attribuibile soprattutto al calo delle prime nozze che, nel 2020, registrano un nuovo minimo, soltanto 69.743 (-52,3% rispetto al 2019). A diminuire di più sono state le prime nozze con lo sposo in età tra 30 e 39 anni (-55,8%) e quelle con la sposa fino a 39 anni (-54,4%). Un calo più limitato riguarda invece i primi matrimoni in cui entrambi gli sposi hanno almeno 50 anni (-26,9%).
“Come Comune di Treviso vogliamo alleggerire le pressioni e le responsabilità sulle giovani coppie – afferma Conte – dando loro la possibilità di sentirsi più liberi e forti per sviluppare il loro nucleo familiare. Per due giovani sposi il costo per costruire o comprare una casa è enorme e noi vogliamo andare incontro a questa fascia di cittadinanza. Stiamo mettendo in piedi una progettazione di 40 alloggi da destinare alle giovani coppie con l’obbiettivo di sviluppare il nucleo familiare. Usciamo dalle politiche sociali ed entriamo nelle politiche familiari”.
“Abbiamo approvato il Fondo Sociale Europeo dove – dice Brescacin – per la prima volta alla coesione sociale è stata dedicata una particolare attenzione con un 28% delle risorse complessive dedicate, maggiore rispetto al minimo previsto dalla normativa nazionale che era un 25%. L’impegno deve esserci per superare quelle che sono anche delle fragilità già in atto prima della pandemia e che quest’anno hanno portato in maggior evidenza.
“Ciò che è importante sono sì i trasferimenti economici, sì i servizi che vengono offerti ma anche il passaggio culturale, una presa di consapevolezza sia parte di tutta la collettività, di quello che è il significato della famiglia: la prima rete di protezione e coesione sociale”.
Di fronte a questi dati allarmanti, il convegno ha mirato a portare il bambino a patrimonio dell’umanità per cercare di alzare il numero dei nati riportando il saldo naturale, equilibrato.
“Speriamo che ci saranno altre associazioni che si uniranno a questa iniziativa – afferma Soldera – perché il bambino ha bisogno della forza di tutti noi per essere posto davanti, per essere riconosciuto nel suo valore in quanto rappresenta il futuro dell’umanità”.
“Credo che sia importante che questa proposta venga sostenuta da tutti e soprattutto dalle donne – aggiunge Casini -. Nel corso della storia infatti, quest’ultime hanno lottato per affermare i propri diritti, la propria dignità e il principio d’uguaglianza. Sarebbe bellissimo quindi che con la loro energia corrano verso una sempre più piena formazione del principio d’uguaglianza, non calpestando i loro figli ma portandoli in grembo e in braccio”.
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