Illusione d’accoglienza. Nordio: “Abbiamo dato un messaggio diseducativo, questi poveretti sono lì a far niente”

I temi dell’immigrazione e dell’accoglienza dei richiedenti asilo, dopo le note vicende delle proteste e dei contagi da Coronavirus degli ospiti della Caserma Serena di Casier, sono sempre all’ordine del giorno e anche l’ex magistrato trevigiano Carlo Nordio ha voluto esprimersi su questo argomento rispetto al quale sembra sia difficile trovare una soluzione veramente efficace.

L’ex magistrato ha sottolineato come il problema dell’immigrazione sia stato affrontato circa vent’anni fa dalla legge “Turco-Napolitano” che aveva dei principi molto chiari: in Italia si entra solo con un permesso di ingresso, salvo che si tratti di un cittadino dell’Unione Europea, altrimenti si viene espulsi e, se dopo l’espulsione non si torna a casa, si può essere incriminati.

“È stato un principio inapplicato – precisa Carlo Nordio – perché, quando arrivano migliaia e migliaia di clandestini, non solo non riesci ad arrestarli o a gestire i processi, ma scattano tutta una serie di meccanismi culturali, religiosi ed emotivi per cui la situazione sfugge facilmente di mano. Il Ministro dell’Interno Minniti aveva ripreso la questione, curando una serie di accordi con i Paesi rivieraschi (si intende del nord Africa) per la regolamentazione dei flussi clandestini”.

Per l’ex magistrato trevigiano le persone che vengono accolte in Italia non sono i più poveri, i malati, i vecchi o i moribondi perché questi individui non riescono a partire.

“Noi prendiamo quelli che hanno quei 4 mila euro sufficienti per pagare i trafficanti e gli scafisti oppure le persone che, pur non avendo queste somme, arrivano a credito e devono onorare questo debito entro poco tempo – continua Nordio -. Non avendo lavori o risorse, questi soggetti devono delinquere e allora spacciano e rubano. Non si tratta di essere razzista, cattivo o buono: sono statistiche che io ho avuto sottomano per decenni anche quando ero in servizio. Non per nulla la gran parte dei nostri detenuti per reati di microcriminalità sono extracomunitari”.

Per Nordio la politica dell’ex ministro Matteo Salvini, che ha cercato di bloccare il flusso migratorio in modo “rude”, qualche volta ha posto dei problemi di diritto internazionale perché il naufrago deve essere salvato.

In questi casi, però, non si parla di eventi futuri e incerti legati al classico naufragio ma di partenze programmate dove gli scafisti mettono i migranti a bordo di un motoscafo con poca benzina aspettando che qualcuno li vada a soccorrere.

La soluzione non può essere che quella europea – aggiunge l’ex magistrato trevigiano – ma, quando arrivi al dunque, l’Europa si defila e lo ha fatto anche di recente. Non è vero che con l’accordo di Malta c’è stata la spartizione dei migranti nell’ambito europeo perché queste persone, forse anche per il Covid, sono rimaste in Italia. Qual è il problema? Una volta che il migrante arriva nella nostra nazione, è vero che ha diritto di asilo solo se proviene da un Paese in guerra o da gravi carestie o altro (anche se da noi arrivano soprattutto migranti economici da Paesi come la Tunisia dove non ci sono conflitti), ma non lo puoi riprendere e riportare a casa con facilità perché ha diritto a tutta una serie di ricorsi amministrativi o giurisdizionali non solo per chiedere lo status di rifugiato, ma per tutta una serie di altre questioni”.

“Non è vero che queste persone entro breve tempo vengono riportate a casa se sono semplicemente dei migranti economici – sottolinea Nordio – perché il riconoscimento dello status di esule, di perseguitato politico o di semplice migrante economico postula mesi o anni di ricorsi. Per questo, nel frattempo, restano qua e questa è la realtà brutale. Una volta che il migrante è arrivato non ci sono ricette: o se lo prende l’Europa facendo la condivisione, oppure rimane in Italia a tempo indeterminato. Portare a casa materialmente un migrante? Anche qui c’è molta ipocrisia perché non ci riuscirai mai”.

Per l’esperienza di Nordio, infatti, molti migranti espulsi, prima di salire in aereo per essere riportati nei loro Paesi, avevano imparato a reagire violentemente contro i poliziotti per essere arrestati subito per resistenza a pubblico ufficiale e, invece di salire in areo, entravano in carcere e restavano lì fino alla sentenza definitiva perché hanno diritto ai tre gradi di giudizio.

“È un cane che si morde la coda – conclude Carlo Nordio – Se il problema non si risolve a monte con gli accordi con gli Stati rivieraschi, con gli accordi europei di redistribuzione e comunque con il divieto di accesso in Italia, come fanno gli altri Paesi, allora non sarà risolvibile. Inoltre, la selezione di questi migranti viene fatta dagli scafisti in base alla possibilità di saldare i loro debiti. Quando arrivano qui noi diamo un messaggio e uno stimolo diseducativi a questi poveretti che rimangono senza fare niente in posti dignitosi perché i nostri centri di accoglienza, almeno fino allo scoppio del virus, erano luoghi dignitosi”.

La riflessione dell’ex magistrato trevigiano si è conclusa sottolineando che in Italia non c’è una vera programmazione per inserire queste persone nel mondo del lavoro perché arrivano in modo massiccio e immediato.

Inoltre, per Nordio la selezione dell’immigrazione, prassi adottata da alcuni Stati europei, potrebbe essere una soluzione diversa rispetto a quella condizionata da un certo “buonismo diffuso” che ha portato ad accogliere queste persone senza conoscere i numeri degli arrivi e senza sapere dove metterle, creando tensioni sociali e situazioni di degrado sociale che sono sotto gli occhi di tutti.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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