Si è svolta questa mattina a Treviso la prima udienza preliminare del processo per la morte di Mattia Battistetti, il ventitreenne deceduto il 29 aprile 2021 in un cantiere a Montebelluna, schiacciato da un blocco di 15 quintali di impalcature precipitato da una gru.
Di fronte al Tribunale le principali sigle sindacali e l’associazione “In memoria di Mattia” hanno organizzato un massiccio presidio per mostrare la loro solidarietà alla famiglia e chiedere giustizia per Mattia.
Nove, inizialmente, gli indagati per la morte del giovane, scesi a sei dopo l’archiviazione di tre fascicoli, fatto a cui la famiglia di Mattia, rappresentata dall’avvocato Francesco Sernaglia, si è opposta fortemente di fronte al Gup.
L’udienza odierna ha prodotto un rinvio al 3 marzo prossimo e ha visto la presentazione delle cinque parti civili del processo ovvero la famiglia della vittima, Cgil, Cisl (che ha scelto di non partecipare al presidio), Anmil (Associazione Nazionale Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) e la onlus Chico Mendes che porta avanti la missione dell’omonimo sindacalista brasiliano.
“Il giudice ha rinviato l’udienza al 3 marzo – ha commentato l’avvocato Sernaglia -. Abbiamo fatto la chiamata del responsabile civile di Bordignon (Costruzioni Bordignon ndr) e di Altedil (Altedil Ponteggi ndr) e ci siamo opposti all’archiviazione delle posizioni per altri tre indagati. Su questa questione è stata sollevata un’eccezione di incompatibilità del giudice, che terrebbe il ruolo sia di Gup che di Gip. Aspettiamo dunque che venga nominato un nuovo giudice che dovrà pronunciarsi sull’opposizione fatta all’archiviazione. Complessivamente ad oggi gli imputati sono sei, a cui si aggiungono i tre per i quali abbiamo formulato l’opposizione all’archiviazione. Si tratta nello specifico – prosegue l’avv. Sernaglia – dei due ingegneri che hanno svolto l’attività di verifica periodica sulla gru e del responsabile della sicurezza di Bordignon. Le posizioni dei due ingegneri sono quelle che interessano maggiormente, riteniamo che non abbiano fatto le verifiche adeguate sulla sicurezza”.
Non hanno rilasciato alcuna dichiarazione, al termine dell’udienza, gli avvocati delle aziende chiamate a processo, che si sono presentati in aula non accompagnati dai loro assistiti.
Accanto all’avvocato Sernaglia, Monica, Giuseppe e Anna, rispettivamente mamma, papà e sorella di Mattia, hanno espresso la loro fiducia nella giustizia lasciando trapelare e manifestando la profonda commozione per la vicinanza dimostrata dai tanti partecipanti al presidio di fronte al Tribunale. “I tempi saranno lunghi – hanno commentato i familiari -, oggi tutto è andato come previsto. Siamo commossi dalla vicinanza delle persone che hanno chiesto ferie e permessi o sono venuti da lontano per essere qui stamattina. Ora teniamo duro e guardiamo al 3 marzo”.
Sono tante le domande a cui il giudice dovrà dare una risposta, facendo luce sui molti aspetti oscuri della vicenda, in particolare sull‘anello di congiunzione del carico della gru e sulla sua manutenzione.
Era presente questa mattina in aula anche Arben Shukolli, collega e amico di Mattia, ultimo a vederlo in vita, rimasto ferito ma salvatosi per miracolo dal carico fatale della gru. “Impossibile descrivere quello che ho visto quel giorno nel cantiere – ha raccontato con emozione al termine dell’udienza -. Ho perso un collega e un amico“.
Di fronte al tribunale di Treviso, ad esprimere la propria solidarietà alla famiglia, c’era anche l’ex sindaco di Napoli nonché ex magistrato Luigi de Magistris. “Sono qui per testimoniare che c’è una parte di paese che non si piega allo smantellamento dei diritti – ha detto -. Non bisogna chiamarle ‘morti bianche’, sono omicidi. C’è una responsabilità politica, morale e istituzionale dei governi passati, sia di sinistra che di destra, che hanno smantellato la protezione dei diritti. Bisogna assumere ispettrici e ispettori in modo che possano controllare i cantieri. Ci sono tanti datori di lavoro che rispettano i diritti e la sicurezza, altri sono senza scrupoli. Ci vogliono pene severe per invertire la rotta, il nostro faro deve essere la Costituzione”.
A chiedere pene più severe e maggiori controlli sul posto di lavoro è anche Gabriele Zanella, portavoce dell’associazione “In memoria di Mattia” e della “Rete 6 dicembre” che si batte per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. “Ci sono tutti gli elementi per chiarire i lati oscuri di questa vicenda: perché il carico si è staccato? Perché c’è stata quella manovra e perché Mattia si trovava lì? – ha commentato Zanella -. Sono solo alcune delle domande che attendono risposta. Oggi da Treviso si leva un grido per fermare una strage, e per farlo bisogna partire da maggiori controlli sui luoghi di lavoro”.
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