La polenta si può definire come l’anima rustica della cucina tipica dell’Alta Marca Trevigiana: questo alimento infatti completava tutti i piatti della nostra tradizione entrando così tra i più consumati e apprezzati, che ci è valso il soprannome di “polentoni”.
Oggi è stata riscoperta in tutta Italia e viene servita in molti ristoranti come contorno delle portate di pesce o di carne e nei bar fritta per accompagnare l’aperitivo.
Le numerose famiglie di un tempo non potevano permettersi del pane fresco, i piatti della tradizione venivano accompagnati dalla polenta che grazie al suo gusto delicato ne risaltava i sapori.
Pare che questo piatto fosse noto fin dai tempi antichi e sia poi divenuta protagonista a partire dal 1600, quando quasi tutti iniziarono a macinare i chicchi del mais per poi cuocerli in acqua.
La preparazione di questo piatto era molto semplice ma richiedeva un’attrezzatura specifica.
La cagliera, una pentola in rame, era sempre sopra la stufa di ogni famiglia e la polenta veniva mescolata con la spatola, ovvero un cucchiaio piatto in legno con un manico molto lungo che permetteva di mescolarla spesso evitando che si attaccasse e senza che il calore della stufa fosse fastidioso.
Parlando di questo piatto con le persone più anziane del paese ci si rende subito conto del “rispetto” che nutrono per questo alimento e del vero e proprio rito che c’era nella preparazione: le donne di casa la preparavano ogni mattina, i più piccoli aspettavano che fosse minimamente cotta per mangiare i “patugoi” con il latte freddo dopo la cottura che durava circa un’ora veniva “sartata” e usata per accompagnare sia i piatti del pranzo che quelli della cena.
Nell’eventualità che avanzasse, il giorno dopo veniva abbrustolita sopra la stufa e usata per fare colazione.
Come tutti i piatti della tradizione di questo alimento non veniva buttato niente: una volta “sartata” la polenta, la pentola veniva rimessa sopra il fuoco e le parti che rimanevano attaccate ai bordi venivano fatte abbrustolire e una volta staccate mangiate come dolce.
La consistenza della polenta era principalmente abbastanza densa “perché la sazia de pì” , nelle rare occasioni quando si cucinava la “renga”, i “marson” (vedi articolo) o il baccalà, veniva tenuta più morbida in modo da riuscire a “tociar” il pesce nella polenta e renderla così più saporita.
Questo piatto non ha caratterizzato soltanto la cucina delle nostre zone, ma anche il modo di essere di noi veneti: nonostante la poca disponibilità di cibo quando andavi a casa di un amico o di un parente veniva sempre offerto un bicchiere di vino e una fetta di salame con la polenta a dimostrazione “dell’ospitalità nonostante tutto” che ha sempre contraddistinto gli abitanti della nostra terra.
(Fonte: Simone Masetto © Qdpnews.it).
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