“Le criticità di scenario incominciano a prendere chiare forme per il nostro manifatturiero – sottolinea il Presidente della Camera di Commercio di Treviso e Belluno|Dolomiti Mario Pozza – con un significativo rallentamento della raccolta ordini. Infatti, dopo la crescita a ritmi sostenuti dei trimestri precedenti, nel periodo in esame gli ordini restano praticamente stazionari per Treviso, mentre per Belluno compare il segno negativo sulla domanda estera. Accade così che il portafoglio ordini, che avevamo visto allungarsi anche a causa delle difficoltà di approvvigionamento incontrate dalle imprese, ora inizia a contrarsi: passa da 76 a 63 giorni per il manifatturiero trevigiano, da 84 a 67 giorni per il bellunese”.
“”Si assottigliano insomma le “riserve d’ossigeno”. La produzione resta ancora in territorio positivo, a conferma di come il nostro sistema industriale sia stato capace di agganciare il rimbalzo dell’economia mondiale nel 2021. Ci sono settori – continua il presidente – come l’occhialeria e il legno-arredo (quest’ultimo al traino dell’edilizia) che marcano interessanti differenze, rispetto agli andamenti medi del comparto. Ci sono probabilmente anche rientri di produzione in Italia che concorrono a questa tenuta complessiva degli output. Però guardo con preoccupazione all’evolversi degli eventi: il passo congiunturale della produzione rallenta nel complesso; il fatturato cresce, ma in buona parte per effetto dei listini, per gli aggiustamenti di prezzo che le imprese sono costrette a fare per parare i colpi dei rincari negli energetici e nelle materie prime; rallenta, come già detto, la raccolta ordini e in generale peggiora il sentiment degli imprenditori per i prossimi mesi”.
“Per i prossimi mesi non abbiamo più una maggioranza assoluta di imprese che scommette nella crescita. Le attese di crescita riguardano circa 1 imprenditore su 3, ma la quota di aziende che invece prevede un peggioramento per il terzo trimestre è ormai quasi equivalente. Le stime di tenuta del PIL per il 2022 sono a mio avviso illusorie perché sono frutto dell’eredità positiva del 2021, conta piuttosto e preoccupa la crescita quasi piatta prevista per il 2023″ prosegue.
“Non aiutano – commenta il Presidente Pozza – le nuove tensioni internazionali: la visita diplomatica della terza carica statunitense a Taiwan mette in discussione i fragili equilibri tra Cina e Stati Uniti, col rischio di avere grosse ripercussioni anche sul mercato globale e in particolare quello dei dispositivi tecnologici. Mi auguro che queste tensioni rientrino presto o per le nostre imprese si potrebbero aggiungere ulteriori difficoltà di approvvigionamento. Le nostre imprese hanno bisogno di operare un contesto internazionale stabile per quanto possibile. Se le tensioni dovessero continuare, ce lo insegna il conflitto fra Russia ed Ucraina, ne perderemo tutti, non solo i diretti interessati”.
“In più, in Italia, si è aperta una crisi di governo, quando meno sarebbe stato necessario aprirla – critica duramente Pozza -. Non solo per tutto quel che c’è da fare: relazioni diplomatiche, diversificazione energetica e contenimento dei prezzi del gas, pandemia che non cessa di tormentarci, inflazione ai livelli degli anni Ottanta che erode il potere d’acquisto delle persone. C’è poi tutta la partita del PNRR da gestire: diversi osservatori guardavano all’uso intelligente dei fondi del PNRR come ad un modo per sostenere la domanda interna (ed anche la domanda intra-Ue) a parziale compensazione dell’incertezza che interessa in modo crescente la domanda extra-Ue, con Usa in recessione e Cina in rallentamento. Ora cosa succederà? Mi auguro – conclude Pozza – che anche in regime di ordinaria amministrazione l’attuale governo uscente possa sfruttare al massimo questo potenziale. E mi auguro anche che il nuovo governo che uscirà dalle urne non indugi un secondo su questa partita, senza mai dimenticare però che questi fondi, se spesi male, sono soltanto debito cattivo. Che poi ricade su imprese, lavoratori, future generazioni”.
La ripresa dell’economia che aveva caratterizzato quasi tutto lo scorso anno ha trovato sulla sua strada ostacoli crescenti. Le nuove ondate di Covid, in particolare la strategia zero-Covid adottata dal governo cinese, sono tornate a perturbare la regolarità degli approvvigionamenti lungo le catene del valore globale. Alla pandemia si sono sommate le problematiche legate al conflitto russo-ucraino, aggravando le tensioni sui prezzi degli energetici e delle principali materie prime, e provocando un generale aumento dell’inflazione in tutte le maggiori economie.
Con queste criticità, la “rendita” del 2021, non del tutto esaurita, anche a causa dei ritardi accumulati dalle imprese nell’evasione degli ordini, tende però inevitabilmente ad indebolirsi.
Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita del PIL nell’aggiornamento di luglio del World Economic Outlook. La crescita dell’economia globale dovrebbe riposizionarsi al +3,2%, -0,4 punti percentuali rispetto alla previsione di aprile. Ma è alquanto significativo che le revisioni al ribasso più consistenti riguardino Cina e Stati Uniti.
Nel primo caso una riduzione della spesa interna (anche per un peggioramento della crisi del settore immobiliare) e le restrizioni della strategia zero-Covid del governo contro i nuovi focolai, hanno impattato gravemente sull’economia nazionale e, di riflesso, sulle interconnessioni che essa ha a livello globale. In aprile Shangai, importante snodo delle catene di fornitura globali è entrato in un severo lockdown per circa 8 settimane. A fine luglio anche Wuhan è tornata in lockdown, coinvolgendo un milione di persone. Le previsioni del FMI stimano quindi per la Cina una crescita del +3,3% nel 2022, contro il +4,4% dell’Outlook di aprile.
Gli Stati Uniti, invece, vedono ridursi le loro stime di crescita al +2,3% (-1,4 punti rispetto ad aprile). Questo, secondo il Fondo, è dovuto ad una crescita più bassa del previsto dei consumi privati, anche come conseguenza della perdita di potere di acquisto delle famiglie e dell’inasprimento della politica monetaria a contrasto dell’inflazione, che a giugno su base annuale era salita al 9,1% (dato più alto dal 1981). La notizia degli ultimi giorni è l’entrata in recessione tecnica degli USA, con un PIL al -0,9% nel secondo trimestre, peggio delle attese, che si aggiunge alla contrazione del -1,6% registrata nel primo trimestre.
Anche per l’area euro la crescita è rivista al ribasso: +2,6% (-0,2 punti dall’ultima stima). Per Germania, Francia e Spagna la crescita rallenta di quasi 1 punto percentuale rispetto ad aprile, controbilanciando le migliori prospettive dell’Italia, che passa dal +2,3% al 3,0%, grazie alla tenuta dell’attività industriale e alla ripresa del turismo.
Le dinamiche del manifatturiero trevigiano sono coerenti con gli scenari sopra tratteggiati. Il comparto non entra in territorio negativo, ma rallenta il passo congiunturale della produzione (dal +3,5% dello scorso trimestre all’attuale +2,6%) come anche la crescita tendenziale su base annua, che si assesta al +4,0%.
Si mantiene sostenuto il fatturato (+6,0% la variazione congiunturale; +10,9% quella su base annuale), soprattutto per effetto della traslazione dei maggiori costi sui prezzi. È emblematico al riguardo il dato di cornice, di fonte Istat, sull’andamento dell’export nazionale nei primi 5 mesi del 2022: che in valori cresce del +22,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma in volumi non va oltre il +2,8%.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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