L’Architettura civile a Treviso nel XVIII secolo

Inizia oggi il viaggio di Davide De Cia nella storia dell’architettura della Città di Treviso. Si parte dal XVIII secolo.

Se un qualunque visitatore fosse giunto a Treviso al principio del XVIII secolo, probabilmente l’aspetto della città che avrebbe più attirato la sua attenzione sarebbe stato quello delle numerose torri campanarie e dei palazzi svettanti al di là delle antiche mura cinquecentesche.

Che vi fosse giunto da nord o da sud, da occidente piuttosto che da Oriente, il viaggiatore settecentesco si sarebbe imbattuto prima di tutto in una grande spianata ad un miglio dalle mura e derivante dall’antica strategia militare di ben due secoli prima, quando la città era minacciata dagli eserciti imperiali della Lega di Cambrai. A scopo difensivo era stato deciso infatti di appianare il suburbio, che all’occorrenza si sarebbe trasformato in una palude pressoché impervia. Una volta constatata la forma trapezoidale della città ed il suo essere difesa dalle acque oltre che dalle mura, il nostro viandante avrebbe presto intuito che sarebbe potuto entrarvi transitando solamente in tre punti differenti. Sempre per gli scopi militari appena illustrati, si era deciso di ridurre esattamente a tre le porte di accesso alla città, che in epoca medievale erano undici. Bisognerà aspettare l’ultimo quarto del XIX secolo perché le autorità trevigiane del Regno d’Italia iniziassero l’abbattimento di sezioni murarie e cominciasse un ripopolamento delle aree appena fuori la città. Sta di fatto che gli unici ingressi disponibili nel Settecento erano Porta San Tomaso, Porta Santi Quaranta e Porta Altinia.

In quel XVIII secolo, l’aspetto del centro urbano era una fusione di antichi edifici medievali e della prima età moderna. Tra questi spiccava Palazzo Bressa, la cui casata era presente a Treviso fin dal 1326, anno in cui giunse il medico Bettino Bettignoli di Brescia; la provenienza da tale città fece sì che ben presto divenisse il nome identificativo della sua famiglia. L’edificio, ubicato nei pressi dell’odierna Piazza della Vittoria, era stato voluto nel 1493 da Venceslao Bressa, che chiamò per la progettazione il celebre architetto e scultore Tullio Lombardo (1460 ca.-1532), futuro ideatore del Duomo di Belluno. Oggigiorno la struttura, con la sua imponenza e il suo sfarzo, è completamente scomparsa: l’ammissione dei Bressa al Patriziato veneto nel 1652 coincise fatalmente con un rapido declino del prestigio familiare. Nel 1674 arrivarono a vendere i beni del palazzo per pagare i debiti, e nel 1764 i Bressa superstiti abbandonarono a se stesso l’edificio, che tra il 1824 e il 1826 fu demolito. È definitivamente perduto anche il fabbricato costruito nell’area dove la Serenissima aveva fatto stanziare le due compagnie di cavalleria e i Bombardieri, i loro ufficiali, e il rispettivo luogo di esercitazione. Dopo lo scioglimento delle milizie nel 1771, si decise per l’abbattimento parziale della costruzione nel 1778, finché il bombardamento del 7 aprile 1944 fece sparire per sempre ciò che rimaneva dell’antico palazzo veneziano.

Detto questo, si potrebbe pensare che in città non esistano più edifici rinnovati nel Settecento. In realtà alcuni sono rimasti, e non è raro passarci davanti senza rendersi conto del loro prestigio originario: vedasi palazzo Caotorta, oggi occupato dalla Biblioteca e dalla sede di studi e ricerche della stessa fondazione; Ca’ Spineda (odierno domicilio della Fondazione Cassamarca, in foto), Palazzo Giacomelli (al tempo presente dimora dell’Unindustria trevigiana) e Palazzo Scotti, che dalla fine degli anni sessanta è utilizzato dall’Ente provinciale per il turismo.

(Autore: Davide De Cia).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Related Posts