Si è tenuta oggi martedì nell’Azienda Borgoluce a Susegana la conferenza “L’evoluzione della domanda e dell’offerta di lavoro in agricoltura” organizzata da Confagricoltura Treviso.
L’incontro di oggi aveva come obiettivo fare il punto sull’andamento del mercato del lavoro agricolo dopo gli anni di pandemia, esplorando lo scenario produttivo del Veneto e illustrando le prospettive legate a temi chiave quali esternalizzazioni, appalti, quadro normativo nazionale, vigilanza e riscossioni.
“Questo incontro abbiamo deciso di farlo a Treviso perché è una provincia che ha visto un’evoluzione del lavoro molto decisa. La mancanza di manodopera, sempre più continuativa e numerosa, si fa sentire – spiega Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, presidente di Confagricoltura Treviso -. Questa conferenza è nata con l’obiettivo di far conoscere le nuove caratteristiche dei modelli organizzativi anche in rapporto alla manodopera, vuole essere un punto di incontro regionale in vista della nuova raccolta vitivinicola”.
Ad intervenire sono stati il presidente di Confagricoltura Treviso e quello del Veneto Lodovico Giustiniani, Letizia Bertazzon ricercatrice di Veneto Lavoro (cambiamenti del lavoro agricolo in Veneto e l’andamento delle esternalizzazioni alle squadre), Andrea De Lena responsabile Processo Vigilanza Ispettorato del Lavoro di Treviso (appalti genuini e non genuini. Vademecum delle cose a cui l’imprenditore deve prestare attenzione), Roberto Caponi direttore Politiche del Lavoro di Confagricoltura Nazionale (quadro normativo nazionale in ambito lavoro: criticità e proposte sui tavoli della politica), Antonio Pone direttore Centrale Entrate Inps (i meccanismi che si celano dietro i meccanismi della vigilanza e delle riscossioni) e Roberto Pivetti funzionario di Südtiroler Bauernbund – Confagricoltura Bolzano (l’esperienza altoatesina in tema di manodopera agricola e il progetto agrijob sviluppato in collaborazione con Confagricoltura Treviso).
I dati incoraggianti della produzione agricola 2023
Dopo anni contraddistinti da fattori esogeni di forte impatto per l’equilibrio economico e sociale internazionale, l’agricoltura trevigiana vive oggi un 2023 all’insegna della stabilità, come dimostrato dal valore della produzione agricola nella prima metà dell’anno, che si attesta a oltre 600 milioni di euro: una cifra in linea con l’andamento del 2022, come emerge dai dati di Confagricoltura Treviso sull’agricoltura nella Marca.
A contribuire con forza alle performance eccezionali del settore, la cui produzione ha raggiunto nel 2022 quota 1,3 miliardi di euro (su un totale di 7,7 miliardi in Veneto), sono stati principalmente il comparto vitivinicolo (70% del valore di produzione), la zootecnia (15%), il caseario (5%), i seminativi (5%), e l’ortofrutta (3%). Il valore restante è prodotto da comparti di consistenza più lieve sul territorio.
Per quanto riguarda le esportazioni, è il vino, e in particolare il Prosecco a farla da padrone: 1,5 miliardi di euro la quota export generata nel 2022, in crescita del 21,7% rispetto all’anno precedente. Principali mercati di destinazione sono stati USA, Germania, Canada, UK e Paesi Bassi. Una tendenza confermata nella prima metà del 2023, con esportazioni a maggio pari a 650 milioni di euro.
Risultati resi possibili grazie alla caparbietà, all’operato e all’intuizione degli imprenditori della provincia: su un totale di 60 mila imprese agricole venete, sono più di 10 mila quelle attive oggi nella Marca, che spaziano dalle piccole realtà familiari alle grandi imprese e che rappresentano oggi un tessuto sociale e produttivo indispensabile per la comunità. Di queste, oltre 2 mila sono associate a Confagricoltura Treviso.
Più di 15 mila gli addetti attualmente occupati nell’agricoltura a Treviso e provincia, su un totale di 67 mila lavoratori attivi nel settore a livello veneto: una vera e propria forza trainante per l’economia del territorio.
Manodopera carente, mobilità lavorativa e sostenibilità
Confagricoltura ha attestato la forte mancanza di manodopera non solo specializzata e nel settore agricolo. Caponi ha attestato una carenza di personale intorno alle 100 mila unità (manca il 10% della manodopera).
“È sempre più difficile il reperimento della manodopera – afferma Giustiniani -. Ci sono picchi di lavoro e in poco tempo ci servono lavoratori. È cambiato quindi il concetto di ‘manodopera’ con la nascita di società che cercano di sopperire l’aumentare del lavoro.
Importante anche la formazione. Se si inizia ad aumentare i flussi migratori, è importante che gli stranieri sappiano la base o quanto meno la nostra lingua – prosegue il presidente -. La contrattualistica, la formazione e il trovare persone capaci e disponibili sono diventati dei problemi reali che viviamo tutti i giorni in tutti i settori.
Il modello del lavoro sta subendo un forte cambiamento – continua -. Eravamo abituati a vedere ragazzi iniziare a lavorare nel settore agricolo che poi continuavano per tanti anni. Oggi le persone sono molto più ‘mobili’: dopo due anni cercano un altro impiego. Il posto fisso non attira più, si vuole cambiare.
Tema a cui teniamo molto è la sostenibilità sociale: aziende radicate nel territorio e capaci di dare lavoro e creare benessere nei suoi lavoratori”, conclude Giustiniani.
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