L’intelligenza artificiale è più un’opportunità o una minaccia? Per Massimo Marchiori nessuna opzione è da escludere. “È tutte e due: non c’è il bianco o il nero”. E a dirlo non è proprio l’ultimo arrivato.
Se oggi tutti noi possiamo navigare su Google è anche grazie all’intuizione che Marchiori ebbe più di vent’anni fa. Era il 1997 quando il matematico padovano sottopose a Larry Page la sua idea di algoritmo per far funzionare il motore di ricerca. L’anno dopo nacque Google e Page, il suo fondatore, non mancò di citare Marchiori per il fondamentale contribuito.
“L’errore che si fa è vedere l’intelligenza artificiale in maniera estremista per la serie ‘Meno Internet più Cabernet’“, ha spiegato il matematico facendo riferimento al titolo del suo ultimo libro.
Marchiori è intervenuto mercoledì sera a Ca’ dei Carraresi nell’àmbito del convegno sull’Intelligenza artificiale organizzato dall’Associazione allievi del Liceo Canova e da Fondazione Cassamarca con Marco Bentivogli, Massimo Cacciari, Patrizia Giunti e il vescovo di Treviso monsignor Michele Tomasi, che hanno condiviso i propri punti di vista in merito a implicazioni giuridiche, etiche ed economiche dell’AI.
Per il matematico e docente dell’ateneo patavino l’importante è non estremizzare: “Ci sono quelli a favore per cui l’AI è il progresso che non può essere fermato e quelli del filone catastrofista che sono contro. Come sempre la verità sta nel mezzo: l’intelligenza artificiale è solo un attrezzo. È come il mattarello di casa: lo posso usare per fare della pasta buonissima, oppure lo posso dare in testa alle persone. Dipende dall’uso che se ne fa”.
Rimane che l’AI ha “un grande potenziale”, precisa lo scienziato, sia in positivo che in negativo: “Non va demonizzata ma neanche santificata, sta all’uomo decidere cosa farne. La chiave sta nell’educazione ai rischi, proprio come ci si fa la patente dell’auto per guidare con consapevolezza. Il vero potenziale disastro non è l’intelligenza artificiale ma l’ignoranza rispetto a questo strumento”.
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