Adriana ha 54 anni, due bravissime figlie gemelle di 23 anni – Giada e Nicole, una studentessa e una lavoratrice –, e una grande passione per il volante. È la prima donna a essere stata assunta ufficialmente come autista di autobus in ACTT – ora MOM – e la prima donna a guidare un mezzo pubblico nella Marca Trevigiana.
La passione per il volante è di famiglia: papà e fratello entrambi autisti, con ditta privata. “Nella mia famiglia – racconta Adriana – la mentalità era vecchio stile, cioè le donne dovevano stare a casa a lavare i piatti. Io invece ho sempre sentito in me questa passione e mi veniva naturale pensare alla guida, infatti rubavo con l’occhio fin da piccola, sbirciavo i movimenti di mio papà. Appena mi sono messa al volante mi pareva di averlo sempre fatto, mi veniva tutto molto facilmente e mi piaceva. La prima volta che ho guidato un pullman è stato a 14 anni: ho convinto Arturo, autista della ditta di mio padre, a farmi una lezione nel parcheggio della piscina di Castelfranco; ricorderò sempre la sua ritrosia, l’avevo letteralmente tormentato. Poi a 18 anni ho preso immediatamente la patente per l’auto, senza nessun problema.
Le possibilità economiche della famiglia non mi permisero di studiare e quindi subito dopo la terza media ho lavorato alcuni anni da un marmista e poi in un calzaturificio, ma dentro di me sapevo che dovevo solo aspettare i 21 anni per conquistare la patente D-CAP. Me la sono pagata e ho fatto tutto di nascosto, privatamente, perché i miei genitori erano contrari. Da lì in poi è stata una strada in salita ma con una direzione molto chiara: volevo fare l’autista di autobus da quando ero bambina.
All’esame di teoria mi avevano puntata perché ero una donna e sono stata bocciata due volte – ricordo che bisognava sapere tutto alla perfezione su cronotachigrafi e sistemi frenanti –, ma poi ce l’ho fatta. All’esame di pratica, in piazza a Santa Maria del Rovere, ho vissuto la soddisfazione più grande della mia vita. Hanno cercato di mettermi in difficoltà sia nell’anello che nel parcheggio, ma ho eseguito tutto perfettamente senza la minima sbavatura. Tornando a casa quel giorno ho sventolato la patente sul tavolo della cucina: mamma era contenta, papà un po’ meno ma poi si è abituato all’idea, ha capito che non c’era storia.
Nel 1989 ho fatto il primo concorso in ACTT: eravamo 300 candidati, io ero l’unica donna e l’esame è stato un interrogatorio sulle motivazioni. Il loro problema era capire se mi sentivo sicura di fare questo mestiere. In graduatoria sono arrivata quinta e da quel giorno non ho mai avuto un dubbio sulla mia scelta. Sono stata assunta ad aprile del 1991 e subito mi sono trovata passeggeri increduli di vedere una donna al volante, alcuni dei quali addirittura si rifiutavano di salire a bordo. Ora sorrido quando penso all’ammiratore ottantenne che per anni è salito sull’autobus per corteggiarmi. È arrivato perfino a farmi una proposta di matrimonio! Faccio il lavoro che ho sempre sognato, anche se non è stato facile conciliare famiglia e lavoro”.
Adriana si è sposata con un collega nel 1998, sette anni dopo l’assunzione, e ha avuto due figlie gemelle nel 1999 ma nel 2006 è arrivata la separazione.
“Mio marito non era fatto per la famiglia, mi sono rimboccata le maniche e mi sono tirata su le mie figlie. Ho conciliato come potevo: nel primo anno di vita sono stata a casa in maternità, poi fino al terzo anno ho avuto il part-time, dalle elementari in poi avevo il turno che iniziava alle 5.50 per concludersi alle 13.50. Per i colleghi era un’agevolazione. In realtà, per riuscire a tenere il posto, ho educato le bambine ad alzarsi da sole, a far colazione, poi una vicina di casa le accompagnava a scuola e quando arrivavano mi avvertivano con un cellulare. Sono cresciute con grande senso di responsabilità, spirito di autonomia, onestà e indipendenza e non mi hanno mai dato problemi. Poteva capitare che me le portassi nei tragitti per non lasciarle sole, si sedevano e facevano i compiti, senza mai disturbare e interferire nel lavoro”.
Non contenta della patente D-CAP, ora CQC, a 45 anni Adriana ha conquistato anche la patente DE, utile per la guida degli autobus snodati, quelli lunghi 18 metri, perché “mi diverto moltissimo, e adesso sto pensando alla patente per le ambulanze”.
Oggi Adriana guarda alla pensione ormai vicina e pensa con soddisfazione al lavoro svolto, “anche se è stato pesante, mentalmente e fisicamente. Negli ultimi anni è cambiata la società, anche a causa del covid, e ho dovuto adeguarmi alle nuove esigenze dei passeggeri che riempiono i mezzi pubblici. Fortunatamente ho un buon carattere e la butto sul ridere. Se mi fermo e guardo indietro sono felice di aver seguito la passione, sono orgogliosa delle mie ragazze anche se lo sforzo economico è stato enorme e con uno stipendio solo per farle studiare ho dovuto impegnare parte della liquidazione. Non mi sono concessa nulla: né vezzi, né vacanze, né capricci. Ho quello che mi basta anche se spesso mi sento sola: mi manca un appoggio, una spalla cui confidare stanchezze e timori. Ma domani è un altro giorno, altra linea e altra tratta. Si vedrà”.
(Foto: Agenda Doppio Tempo).
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