Natale 2021, i messaggi e gli auguri dei vescovi di Treviso e Vittorio Veneto alle comunità diocesane

I vescovi di Treviso, monsignor Michele Tomasi, e di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo, hanno rivolto i loro messaggi alle comunità in vista del Natale. Eccoli riportati integralmente, partendo dalle parole di monsignor Tomasi:

“Per il Natale 2021, vi auguro di diventare voi stessi un augurio di Natale. Un augurio è l’espressione del desiderio che alla persona a cui viene rivolto accada qualcosa di bello (non voglio nemmeno prendere in considerazione auguri di male…). Ci auguriamo, quindi, semplicemente di passare bene la festa del Natale. È già molto, ci sembra quasi difficile da esprimere in tempi così complicati come i nostri, soprattutto se incontriamo persone che in vario modo vivono la precarietà dell’esistenza a causa della malattia, della solitudine, di qualche difficoltà o crisi familiare, sociale, economica. Sentiamo, a partire dalla nostra fede, che quello che si festeggia è veramente importante, e quindi desideriamo che il contenuto celebrato possa riverberarsi sull’esistenza di chi lo festeggia. A volte ci basterebbe un po’ di serenità e di quiete. Ma no, non basta ancora. Allora desideriamo per gli altri che i loro desideri più cari possano realizzarsi in quel giorno. Auguriamo in fondo che accada qualcosa che scaldi il cuore, che dia luce e calore, che regali alla vita un colore e una musica carichi di affetti, di pace, che aprano al sorriso le persone care, soprattutto quelle più provate dalla vita. Poi ci diciamo subito che la pace e la gioia non possono limitarsi ad un giorno solo.

Qualcuno ne trae la conseguenza di rinunciare del tutto agli auguri.

Andiamo invece avanti. Andiamo in profondità del nostro desiderio di bene, per noi e per gli altri. Andiamo alle radici della possibilità di questo bene: il Signore Dio prende parte alla nostra vita, diventa uno di noi, il bambino Gesù, l’uomo vero. Lui prende le nostre parti. Quelle dello scartato, del debole, del piccolo. Quelle di ciascuno di noi, di tutti. Non ci lascia più da soli, ci sostiene, ci accompagna, ci guida. Si dona. Diventa dono. Abbandonato in croce, abbraccia tutti. Risorto è veramente presente, per sempre, e apre la vita all’eternità. Lui si fa Natale, Lui si fa dono, Lui assume e realizza ogni desiderio. Lui è garanzia, fonte e meta di ogni augurio. Se metto il mio desidero di bene per chi riceve i miei auguri nel cuore del Signore Gesù, Lui è caparra di ogni mio augurio. Ed è Lui che raggiunge l’altro nel mio augurio, che non è più soltanto una formula consueta, ma diventa parola vera, che sgorga dal cuore.

E l’augurio non è più nemmeno soltanto parola, ma respiro dell’anima che mette in moto la mia disponibilità, il mio cuore e le mie mani, la mia fantasia e tutto il mio desiderio per vedere realizzato il tuo desiderio di bene.

E troverò il modo, magari semplice e discreto per farmi presente, veramente persona con te, con tutti, affinché ti possa accadere davvero qualcosa di bello, un’emozione, una luce calda, un sorriso nuovo ed insperato.

Nel Natale di Gesù di Nazareth, il Cristo, vero Dio e vero uomo, ci sia la radice di ogni nostro rinascere, ci sia il motivo di ogni sorriso, di ogni aiuto, di ogni gesto piccolo o grande di fraternità, ci sia il desiderio che si realizzi ogni desiderio di bene.

Auguro a noi tutti che possiamo diventare un augurio vero, incarnato.

Buon Natale!”

+Michele, Vescovo

Questo il messaggio di Natale di monsignor Pizziolo:

«Dio ha creato la terra e l’ha resa stabile; non l’ha creata come orrida regione, ma l’ha plasmata perché fosse abitata»: è questa la frase del profeta Isaia che abbiamo ascoltato qualche giorno fa a messa. Soffermandomi su queste parole, ho pensato che possa facilmente succedere che la terra – quella terra che tante volte ci appare così bella e meravigliosa – ci appaia, altre volte, come un’orrida regione. O perché devastata dalla violenza, dalle ingiustizie e dall’indifferenza, oppure perché rovinata dall’incuria e dal poco rispetto verso l’ambiente da parte di interi popoli o di singole persone.

È bello e consolante riascoltare le parole dell’antico profeta che ribadisce il progetto di Dio: egli vuole che la terra non sia un’orrida regione, ma che sia abitabile e abitata.

Proprio per manifestare pienamente questa sua intenzione e portarla a compimento, Dio ha inviato sulla nostra terra il suo Figlio tanto amato: «Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Rifacendoci alle parole del profeta, Gesù è venuto ad abitare in mezzo a noi per rendere la nostra terra abitabile e abitata nel modo giusto, cioè secondo il desiderio di Dio. È venuto a rendere la convivenza umana e le relazioni che la compongono sempre più autenticamente filiali, nei confronti di un Creatore che è padre fedele e affidabile, e insieme sempre più fraterne, nei confronti di ogni altro uomo e donna che abitano la nostra terra.

Il dono di questa nuova capacità relazionale con Dio e con gli uomini è alla base anche di un autentico rispetto verso quella “casa comune” che è la terra in cui abitiamo. In questi ultimi anni sta maturando una forte sensibilità ambientale, che ci viene ricordata anche da Papa Francesco nella Laudato si’. Ma, proprio in quella bellissima enciclica, il Papa ci ricorda che tale sensibilità rimane incompleta e sterile, se non viene accompagnata da quella fraternità e da quella capacità di farsi prossimo ad ogni uomo che Gesù ha vissuto e insegnato, a cominciare dalla sua nascita a Betlemme.

Davvero la nascita di Gesù a Betlemme è l’inizio di quella “ecologia integrale” che il Papa ci propone e che ci rende capaci di vedere nelle altre persone e nel creato dei doni da accogliere con gratitudine e riconoscenza e da vivere nel rispetto, nell’accoglienza e nella capacità di uscire da sé stessi per fare della propria vita un dono. Tutto questo comincia a realizzarsi nelle relazioni primarie che sono quelle familiari (di qui l’importanza fondamentale della famiglia, che papa Francesco indica come tema centrale per il nuovo anno), ma prosegue nelle relazioni più ampie che siamo chiamati a vivere, giorno dopo giorno, con tutti. Se vivremo così, “abitare la terra” non significherà vivere “in un’orrida regione”, dove la vita diventa un peso o una condanna, ma sarà una gioia e una festa da condividere come figli e da fratelli.

Care sorelle e fratelli, l’augurio che in questi santi giorni rivolgo a ciascuno di voi e, ovviamente, anche a me stesso, è che il Natale del Signore ci apra a questa prospettiva e ci aiuti a viverla, facendoci sperimentare quella pace che è dono del Signore, secondo le parole angeliche: «Pace in terra agli uomini amati dal Signore!».

+Corrado, vescovo

(Foto: archivio Qdpnews.it)
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