Si è conclusa con l’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con l’ausilio del braccialetto elettronico e l’obbligo di presentazione quotidiana alla Polizia giudiziaria l’articolata indagine condotta dalla Polizia di Stato nei confronti di due cittadini cinesi in materia di intermediazione illegale e sfruttamento del lavoro.
La complessa attività della Squadra Mobile ha permesso di accertare che un cinquantenne cinese – anche al fine di eludere controlli e verifiche da parte degli investigatori – con un altro “caporale” quarantottenne, connazionale, amministravano quattro aziende con sede nel Comune di Villorba. Tali ditte operavano prevalentemente nel confezionamento di capi di abbigliamento, impiegando manodopera, anche in nero e sottoponevano i lavoratori a gravi condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno.
In particolare, in base alla ricostruzione effettuata dagli investigatori, è risultata la ripetuta violazione delle norme relative all’orario di lavoro e al riposo settimanale. I dipendenti lavorano per più di 12 ore al giorno, con una sola pausa di 30 minuti per la consumazione del pranzo, compresi i giorni festivi e senza mai concedere riposo settimanale e periodi di ferie.
Inoltre, i “caporali” omettevano di corrispondere la retribuzione mensile, ovvero corrispondevano una retribuzione palesemente inferiore al lavoro svolto (in alcuni casi di 40-50 euro al mese), prelevando e riaccompagnando i lavoratori dalla propria abitazione e usando altre misure di controllo e sorveglianza nei loro confronti. Sotto questo aspetto, come corrispettivo, ad altri era stato “offerto” un alloggio in condizioni gravemente degradanti, ovvero privo di riscaldamento e in condizioni igieniche a dir poco precarie. L’indagine ha visto coinvolti complessivamente circa 50 lavoratori.
Con la collaborazione dei Vigili del fuoco, dell’Ispettorato del Lavoro e dello Spisal sono state inoltre riscontrate gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Ai due soggetti sottoposti a misura cautelare è stata contestata la violazione dell’art. 603 bis del Codice penale (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), essendo stati riscontrati, secondo l’ipotesi investigativa avallata dall’Autorità giudiziaria, i due presupposti richiesti dalla norma, vale a dire lo sfruttamento del lavoro (con l’assoggettamento delle maestranze a vita lavorativa completamente stabilita dal datore di lavoro/titolare di fatto delle diverse ditte, senza riconoscimento dei più basilari diritti del lavoratore) e l’approfittamento dello stato di bisogno (trattandosi di soggetti, per lo più stranieri, che debbono soddisfare le proprie esigenze di vita essenziale, come mangiare, trovare un luogo dove dormire, eccetera).
(Foto: Questura di Treviso).
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