L’autorizzazione al vino croato “Prošek” da parte dell’Unione Europea ha lasciato interdetto l’intero mondo del Prosecco, in particolare l’Alta Marca Trevigiana, dove si producono le eccellenze Cartizze e Conegliano-Valdobbiadene Docg.
Due vini, che al di là delle assonanze sul nome, sono completamente differenti: uno passito, l’altro spumante; uno tipico di una piccola area territoriale (la Dalmazia), l’altro alla ribalta costante sul mercato internazionale grazie anche al riconoscimento Unesco delle colline in cui viene prodotto da secoli.
Sulla questione sono perciò intervenuti anche i parlamenti trevigiani della Lega Angela Colmellere, di Miane, il trevigiano Giuseppe Paolin e Gianpaolo Vallardi, di Oderzo.
“Al Prosecco va evitata un’altra beffa come quella che portò al ritiro della denominazione Tocai, anche quella volta grazie ad una decisione dell’Unione Europea, che penalizzò il vitigno veneto-friulano. Chiediamo al ministro Patuanelli che già domani, 16 settembre, nel corso del G20 Agricoltura a Firenze, indichi quali procedure d’urgenza verranno disposte per tutelare la denominazione Prosecco e contestualmente il territorio di produzione”.
Così affermano i deputati leghisti Colmellere e Paolin e il senatore Vallardi, presidente della Commissione Agricoltura a Palazzo Madama, in merito alla richiesta della Croazia di protezione della menzione tradizionale “Prošek” per un loro vino bianco passito, del tutto diverso dal Prosecco.
“Peraltro l’Europa, che ancora una volta dimostra di tutelare solo a parole le produzioni d’eccellenza, dovrebbe spiegarci come si porrà il problema di fronte all’Unesco – continuano i tre parlamentari -, che solo due anni fa ha nominato Patrimonio dell’Umanità le colline di Conegliano e Valdobbiadene e il loro paesaggio modellato sulla viticoltura del prosecco“.
“Accogliamo con soddisfazione l’impegno del sottosegretario Gian Marco Centinaio – proseguono – e chiediamo ora al ministro Stefano Patuanelli di farsi interprete di una posizione forte dell’Italia al G20 che inizia domani a Firenze”.
“In questa vicenda, a fronte di un interesse residuale della Croazia per un vino di nicchia, sono in gioco 2 miliardi di euro di cui la metà in export – concludono Colmellere, Paolin e Vallardi -, che rappresenta il 16% del totale nazionale del settore vinicolo”.
Le reazioni si susseguono, tra le quali quella di Giuseppe Facchin, presidente di CIA Agricoltori Italiani Treviso: “I grandi risultati conseguiti dalle denominazioni del Prosecco, ottenuti grazie al duro lavoro e alla determinazione di generazioni di viticoltori, sono in grave pericolo. Stiamo assistendo a una gravissima violazione dell’identità di una comunità e di un territorio che si riconosce in una produzione enologica di grande eccellenza. Il Prosecco non rappresenta solo un prodotto ma una specificità italiana che deve essere tutelata e difesa da attacchi puramente speculativi“.
“Il nostro appello, come CIA Agricoltori Italiani di Treviso, è rivolto al ministero e alle istituzioni superiori affinché si adoperino, in ogni sede e tavolo, per tutelare le nostre produzioni agroalimentari. Oggi sotto attacco è il Prosecco, domani potrebbe toccare al Radicchio Rosso di Treviso Igp, alla Casatella Trevigiana Dop o all’Asparago Bianco di Cimadolmo Igp. – prosegue Facchin -. La nostra associazione, sia a livello provinciale sia regionale e nazionale, è al fianco dei consorzi, dei produttori e delle istituzioni per difendere le nostre produzioni agroalimentari e tutelare un intero comparto che tanto valore sta portando all’Italia e ai nostri territori”.
Sul caso del Prošek sono intervenute anche le Città del Vino a difesa del Prosecco e dei relativi territori di produzione, perché c’è il rischio che il riconoscimento della menzione tradizionale Prošek crei confusione tra i consumatori internazionali e danni di concorrenza “sleale” per le bollicine italiane: “Il successo del fenomeno del Prosecco, a partire dalle tipologie Docg, è il risultato di anni di lavoro da parte dei produttori veneti e friulani sulla ricerca, sulla qualità e la promozione” dichiara il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon.
“Di recente poi le colline vitate di Conegliano e Valdobbiadene sono state iscritte a Patrimonio Mondiale dell’Umanità e questo è solo un motivo in più per proteggere il termine Prosecco da casi che possono creare confusione nel consumatore, soprattutto straniero, a danno dei nostri territori e delle nostre imprese che con queste bollicine hanno raggiunto risultati importantissimi – conclude Zambon –. Chiediamo dunque un intervento pronto e deciso da parte delle istituzioni per la difesa dell’italianità del Prosecco”.
Sul tema è intervenuto anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, il valdobbiadenese Tommaso Razzolini: “Senza nulla togliere alla tradizione enologica del popolo croato, il via libera dell’Ue al Prošek va contrastato con forza. C’è in gioco lo sfruttamento del nome Prosecco e del suo territorio, dove già non è semplice far percepire le differenze della piramide qualitativa che vede all’apice l’area storica di produzione in virtù delle caratteristiche del suolo e del microclima di collina, non a caso riconosciuta Patrimonio dell’umanità per il suo paesaggio culturale”.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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