Oggigiorno, passando davanti al monumentale Duomo di Treviso, poco o per niente si pensa a come doveva apparire fino alla seconda metà del secolo XVIII, ovvero quando fu oggetto di una ricostruzione completa.
Non sappiamo l’anno preciso in cui fu edificata la primissima Cattedrale trevigiana, ma è presumibile che il periodo non si discosti troppo da quello del mosaico paleocristiano poco distante (IV secolo) e rinvenuto nel 1967 durante dei lavori. La struttura religiosa fu ampliata in epoca longobarda dal vescovo Felice, il primo pastore trevigiano citato dalle fonti e che stando alla tradizione si sarebbe diretto sul Piave a incontrare Alboino chiedendo di risparmiare la città in cambio della sua sottomissione.
Ma fu dopo l’anno Mille che avvenne l’ingrandimento della cattedrale e dell’abitato vescovile, secondo lo stile romanico che nel XI/XII secolo andava a diffondersi in tutta Europa. Di questa struttura che doveva essere una perfetta simbiosi tra l’arte romanica e la deriva bizantina della laguna, nulla ci rimane se non il portone d’accesso dal lato interno e la cripta. L’influenza veneziana sarebbe testimoniata dal fatto che i restanti mosaici del presbiterio, oltre ad essere firmati (come scoperto nel 1739), sono datati 1141, lo stesso anno delle raffigurazioni mosaicali della Chiesa dei SS. Maria e Donato di Murano. Nei secoli successivi, specie nell’ultimo quarto del XV, il Duomo fu arricchito da numerose cappelle gotico-rinascimentali, sfidando nel 1486 il crollo della cupola innalzata appena l’anno precedente, finché nel 1505 il nuovo presbiterio si poté dire ultimato.
Nel corso del ‘500 numerosi furono gli artisti che lo abbellirono con copiose raffigurazioni sacre; enumerare ogni singola opera sarebbe eccessivo, ma si possono ugualmente menzionare gli affreschi di Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone (1494-1539) che ivi lavorò nel 1520. Sicuramente egli ebbe a che fare con un altro grande pittore che in quell’anno si trovava anche lui a lavorare in cattedrale per una Pala d’Altare rappresentante l’Annunciazione: il cadorino Tiziano Vecellio (1490 ca.-1576).
(Testo e foto: Davide De Cia).
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