Si è svolta ieri al Museo Bailo l’ultima “lezione di Follia proposta dal festival Robe da Mati, iniziato l’8 giugno e in corso fino a domenica prossima in vari angoli della città.
Il chiostro del Museo Bailo, che fino al 24 settembre ospiterà la mostra “Arturo Martini. I Capolavori”, ha fatto da cornice ad un incontro pensato per ripercorrere un episodio di “felice follia” che nel 1992 vide coinvolta l’intera città di Treviso nell’acquisto di “Adamo ed Eva”, capolavoro di Martini che ora campeggia proprio nel giardino interno dei Bailo.
Ai piedi del gruppo di pietra bianca, alto più di tre metri, il direttore dei Musei Civici Fabrizio Malachin – che è anche co-curatore della mostra “Arturo Martini. I Capolavori” assieme a Nico Stringa – assieme a Eugenio Manzato, allora direttore dei Musei Civici, e GianPaolo Miotto, all’epoca assessore alla Cultura del Comune di Treviso, hanno ricostruito fra aneddoti e ricordi una pagina unica di storia trevigiana.
Un atto di “splendida follia collettiva”: non può che essere descritta così quella mobilitazione di istituzioni, associazioni, aziende e privati cittadini, scuole e fondazioni trevigiane che spinte dall’iniziativa di Manzato e Miotto nel 1992 risultò in una maxi colletta da 600 milioni di lire per acquistare l'”Adamo ed Eva” direttamente dalla famiglia del committente. L’opera infatti fu commissionata negli anni Trenta ad Arturo Martini dal conte Ottolenghi, e dalla moglie Herta von Wedekind zu Horst, pittrice e scultrice per essere esposta nel giardino della loro villa di Acqui Terme.
“Fu un’epopea, ma riuscimmo davvero a scaldare il cuore dei trevigiani – racconta Eugenio Manzato -. Ricordo scuole in cui i bambini facevano la colletta, pensionati e associazioni che si spendevano senza riserve, piccoli e grandi gesti che diffusero un clima straordinario in tutta la città. Riuscimmo addirittura a recuperare 100 milioni in più della cifra che serviva per l’acquisto dell’opera”.


“Si creò un vero e proprio comitato – spiega Gianpaolo Miotto – con tanto di notaio e commercialista per vigilare sulle entrate e sulla limpidezza della colletta che coinvolse istituzioni, industriali, piccole imprese e cittadini che partecipavano attingendo dai loro risparmi. Anche la giunta si compattò per l’acquisto dell’opera, alla luce di una partecipazione popolare che non si vedeva dagli anni ’70. I trevigiani ci diedero fiducia, e furono i protagonisti di un atto di riappropriazione di una memoria collettiva attraverso l’opera di Martini”.
Dai viaggi ad Aqui Terme per organizzare l’acquisto fino alle curiosità “logistiche” legate al trasporto dell’opera a Treviso, “che arrivò smontata in diverse parti, e che non fu priva di disavventure rocambolesche”, Manzato, Miotto e Malachin hanno raccontato anche quanto avvenne dopo l’arrivo dell'”Adamo ed Eva” al Bailo.
Sull’onda dell’entusiasmo popolare, il Museo Bailo, che allora stava assumendo la forma di un museo d’arte moderna di respiro internazionale, ricevette anche in dono da altri collezionisti, “in segno di stima”, altre opere di Arturo Martini. “La cifra che rimase, i 100 milioni in parte maturati con gli interessi, servirono per acquistare ‘Maternità’, fra le altre opere simbolo di un artista straordinario, che non si conformava alle regole, e che oggi è uno dei simboli della nostra città”, conclude Manzato.
Lo sforzo di un’intera comunità che porto all’acquisto dell'”Adamo ed Eva” , ancora “fa scuola”, e suscita anche un pizzico d’invidia a distanza di anni. “Nel marzo scorso – sottolinea Fabrizio Malachin – andai alla Fondazione Casa di Riposo Ottolenghi di Acqui Terme, proprietaria del ‘Figliol Prodigo’ di Martini, ora esposto al Bailo, e scoprii che a distanza di trent’anni gli acquesi provano ancora grande ammirazione per l’operazione, anche se rimpiangono di non aver saputo fare altrettanto per trattenere l’opera, che negli anni Trenta Martini realizzò proprio ad Acqui Terme, nella tenuta di Villa Ottolenghi”.
Fu proprio grazie a quell’atto di “follia ardita” che Treviso negli anni ha legato a doppio filo la propria tradizione artistica al nome di Martini, di cui diede i natali nel 1889, e oggi considerato il più importante scultore del Novecento di cui il Bailo può vantare la più ampia ed organica raccolta di opere, comprese quelle della giovinezza.
“È un onore collaborare con i Musei Civici di Treviso per questa Iniziativa – ha commentato Luciana Cremonese, presidente della cooperativa sociale Sol.Co. che dal 2017 organizza il festival Robe da Mati. “In questa edizione del dedicata alle ‘Lezioni di Follia’ è particolarmente significativo ricordare una felice follia di tutta una città a sostegno della cultura e dell’arte. E ricordare, come ci ha insegnato Vittorio Basaglia, che in tutti noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. E che può anche avere connotazioni positive. Sta a noi coglierle e prendercene cura, non come una malattia ma come una opportunità”.
Le lezioni di follia di Robe da Mati proseguiranno anche oggi, giovedì, alle 18 a Palazzo Giacomelli con Alessandro Garofalo, Elena Ceschelli (Bevande Futuriste) e Fabio Brescancin (Ecor-NaturaSì) che si confronteranno sulle “Follie dell’imprenditore”.
Fino a domenica 25 giugno (da martedì a domenica, dalle 10 alle 18) nella Sala Foffano del Museo Santa Caterina di Treviso è aperta la mostra di Outsider Art “Stand Alone” a cura di Silvana Crescini dove sono esposte una cinquantina di opere in che raccontano i mondi di Giacomo e Agostino Goldani.
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