Report parlamentare sulle mafie: la presenza “silenziosa” nella provincia di Treviso

Pubblichiamo la parte del report sulle mafie riguardante la provincia di Treviso, redatto dalla commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura, a cura del deputato Alessandro Naccarato, inviatoci dalla Cgil di Treviso.

In provincia di Treviso le organizzazioni criminali di stampo mafioso sono presenti con caratteristiche e modalità simili al resto del Veneto, dove sono radicate e attive nel riciclaggio di denaro e nel traffico di droga. Numerosi reati economici e fiscali sono commessi da persone in relazione con la criminalità organizzata.

Le mafie fin dai primi anni ’90 hanno scelto il Veneto per investire risorse e per nascondere latitanti. Per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine i gruppi mafiosi evitano il controllo militare del territorio e cercano di non ricorrere alla violenza. Questa strategia ha consentito alle organizzazioni criminali di mimetizzarsi, di crescere e di costruire rapporti con diverse realtà economiche locali.

Il processo è stato favorito dalla sottovalutazione delle istituzioni, dalle complicità di alcuni imprenditori, professionisti e istituti di credito e dall’assenza per molti anni di un’efficace iniziativa di prevenzione e di contrasto da parte delle autorità competenti.

Rispetto al contrasto delle mafie al nord la relazione conclusiva della Commissione parlamentare bicamerale antimafia ha sottolineato l’efficacia dell’azione dei prefetti di Verona e di Treviso, che hanno adottato, in discontinuità con il passato, numerose misure interdittive dimostrando la necessità di utilizzare anche in Veneto i provvedimenti di prevenzione per combattere le organizzazioni criminali.

Due fattori hanno favorito la presenza delle mafie in Veneto e in tutto il nord-est: il tessuto economico, costituito soprattutto da piccole e medie imprese, una forte industrializzazione e una rete diffusa di istituti di credito, anche di piccole dimensioni; la posizione geografica al centro di importanti vie di comunicazione per traffici illeciti, in particolare di stupefacenti, armi e rifiuti.

L’azione dei gruppi criminali si avvale di rapporti continuativi con imprenditori locali, professionisti e operatori finanziari. Questi rapporti, basati su una convergenza di interessi, sono funzionali a commettere reati economici, come l’evasione fiscale, la bancarotta fraudolenta, le truffe, e hanno assicurato per anni consistenti guadagni illeciti a tutti i protagonisti.

Così la criminalità organizzata è riuscita a entrare nell’economia legale e a condizionarla in modo silenzioso. Le mafie hanno assunto la caratteristica dei gruppi societari che, attraverso una capogruppo, controllano e dirigono, secondo un disegno unitario, molteplici affari criminali, sempre più interdipendenti.

La crisi economica ha favorito le attività dei gruppi criminali. Diversi imprenditori hanno cercato o hanno accettato più o meno consapevolmente le risorse dei gruppi criminali; diversi importanti istituti di credito hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini alla criminalità organizzata senza approfondire la provenienza delle risorse; diversi professionisti hanno partecipato alla costituzione di società perseguendo gli interessi di persone legate alle associazioni mafiose.

Queste attività, al di là delle responsabilità e dei singoli rilievi penali, sono emerse in numerose indagini e si sono evidenziate soprattutto in relazione a procedure di fallimenti o di liquidazioni di società. Le inchieste dell’autorità giudiziaria su numerosi istituti di credito cooperativo e banche popolari della regione indicano cattiva gestione e fragilità e costituiscono segnali da non sottovalutare sul pericolo che il sistema creditizio possa essere utilizzato dalle mafie per riciclare risorse di provenienza illecita.

I SEGNALI DELLA PRESENZA MAFIOSA

I segnali principali della presenza attiva delle mafie al nord sono costituiti dall’arresto di latitanti, dalle indagini dell’autorità giudiziaria, dalle segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio, dal reato spia degli incendi dolosi.

In tempi recenti in provincia di Treviso si sono registrati diversi di questi segnali.

Nel 2010 a Mogliano Veneto è stato arrestato il latitante super ricercato Vito Zappalà.
Nel 2012 a Preganziol è stato arrestato Valerio Crivello, accusato di tentato omicidio e di appartenere alla ‘ndrangheta.
Nel mese di giugno dello stesso anno tra Treviso e Venezia, nell’ambito di un’indagine sull’emergenza rifiuti a Napoli, sono stati arrestati i vertici della
società Enerambiente con l’imprenditore Stefano Gavioli con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, ricorso abusivo al credito, corruzione, estorsione e riciclaggio.
Nel settembre 2012 a Castelfranco Veneto, è stato arrestato Rosario Lo Nardo, collegato al clan mafioso Fidanzati di Palermo. Nel novembre 2010 a Galliera Veneta (Pd) era stata arrestata la figlia Caterina, accusata di riciclare nell’usura proventi di rapine. Nel dicembre 2016 il tribunale di Padova ha condannato Rosario Lo Nardo a dieci anni e tre mesi di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici per usura continuata, ricettazione e concorso in estorsione. Nello stesso processo la figlia Caterina ha patteggiato due anni di carcere per concorso in estorsione. In passato Lo Nardo, in affari con la mafia del Brenta, è stato condannato per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti.
Nel mese di agosto del 2015 a Castelfranco sono stati sequestrati beni e una società di costruzioni a un importante capo di cosa nostra di Catania.
Il 5 novembre del 2015 a Treviso sono stati arrestati gli amministratori dei magazzini Dal Ben Tre. Nell’indagine per bancarotta fraudolenta, collegata al fallimento della società, è coinvolto anche Paolo Signifredi, condannato a sei anni di reclusione per estorsione e associazione di stampo mafioso nel processo Pesci sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta al nord. Signifredi è considerato un personaggio di rilievo all’interno dell’organizzazione mafiosa.
Nel gennaio del 2016 la prefettura di Treviso ha emesso un’interdittiva antimafia nei confronti di una persona accusata di avere rapporti con la criminalità organizzata casalese.
Il 28 aprile 2016 la procura di Treviso ha arrestato per bancarotta fraudolenta Paolo e Stefano Zanatta e Paolo Signifredi, già detenuto. I tre sono accusati nell’indagine sul fallimento delle officine Zanatta di Falzè di Trevignano.
Nel mese di febbraio del 2017 il prefetto di Treviso ha adottato cinque interdittive antimafia nei confronti di aziende riconducibili a un soggetto accusato di appartenere alla camorra.
All’inizio di marzo dello stesso anno la Dda di Venezia, nell’ambito di un’indagine su 70 persone accusate di appartenere alla ’ndrangheta, ha eseguito due arresti: Michelangelo Garruzzo, trasferito da tempo da Rosarno a Motta di Livenza e Antonio Anello, originario della provincia di Catanzaro e residente a Jesolo (Ve). Secondo l’accusa i due, insieme ad altri indagati, individuavano e acquistavano società in difficoltà finanziaria tramite prestanome ed entravano nel mercato. Con queste imprese truffavano fornitori e istituti di credito per oltre 12 milioni. Entro 90 giorni le ditte venivano chiuse per evitare reazioni. Poi la merce non pagata veniva messa in vendita in Calabria con la protezione della ’ndrangheta.

IL CICLO ILLECITO DEI RIFIUTI IN VENETO

Il ciclo illegale dei rifiuti in Veneto e la presenza delle mafie nel settore sono stati descritti con precisione dalla Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvata dalla Camera nel settembre 2016.

In Veneto esiste una gestione industriale illecita dei rifiuti. Questo elemento favorisce la presenza della criminalità organizzata. Le società produttrici fanno arrivare i rifiuti in impianti di trattamento inadeguati, che li disperdono in altri impianti, dopo averli illecitamente miscelati, facendo ricorso a false certificazioni. Tale attività è svolta in modo organizzato da diverse associazioni a delinquere di fatto.

Si è consolidata una realtà alternativa a quella legale, dove numerose imprese produttrici smaltiscono in modo illecito i rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, e organizzano, insieme ad altri soggetti, traffici nazionali e internazionali. Le attività illecite si svolgono in un clima di generale omertà grazie alla connivenza di tantissime imprese.

In Veneto l’omertà è il risultato di una scelta opportunistica di diffusa illegalità per perseguire profitto individuale. Al danno ambientale e ai relativi costi si aggiunge il danno sociale, perché i comportamenti illegittimi pongono fuori mercato tutti gli imprenditori che operano correttamente.

Nonostante le rassicurazioni di numerose autorità giudiziarie sulla presunta assenza di organizzazioni di stampo mafioso nel ciclo illecito dei rifiuti in Veneto, le attività, dirette o indirette, di gruppi mafiosi sono risultati evidenti in varie vicende. Del resto l’esistenza di una gestione illecita del traffico di rifiuti, fondata sulla partecipazione attiva di numerosi imprenditori, sull’assenza o sull’insufficienza di controlli, sulle attività illegali organizzate da associazioni a delinquere e su un clima di diffusa omertà, favorisce le relazioni con le organizzazioni mafiose.

GLI INCENDI DOLOSI

Sono aumentati gli incendi dolosi nelle aziende di rifiuti. In molti casi le autorità inquirenti hanno escluso collegamenti con attività criminali ma l’elenco è comunque impressionante e descrive una situazione che non può essere sottovalutata.

Il 18 febbraio 2014 a San Biagio di Callalta un incendio è scoppiato in un capannone della Bigaran servizi ambientali, azienda che si occupa di trattamento e recupero di rifiuti.
Il 26 febbraio dello stesso anno a San Biagio di Callalta un incendio ha distrutto cinque camion della Bigaran servizi ambientali che erano parcheggiati nell’azienda.
L’11 giugno 2015 a Ponte di Piave è scoppiato un incendio in un deposito di materie plastiche.
Il 26 settembre 2015 a Castelfranco un incendio ha colpito un capannone della Ceccato Recycling, azienda che si occupa di recupero e riciclaggio di rifiuti.
Il 30 luglio 2016 a Motta di Livenza è scoppiato un incendio all’interno dello stabilimento “centro risorse” specializzato nel trattamento di rifiuti industriali.
Il 16 settembre 2016 a Mogliano un incendio doloso ha distrutto tre camion della Veritas all’interno del deposito aziendale.
Il 18 agosto 2017 a Vidor l’azienda di stoccaggio di rifiuti pericolosi Vidori servizi ambientali spa, è stata devastata da un incendio doloso. L’azienda aveva presentato un progetto di trasferimento e ampliamento della sede contestato a livello locale.

(Fonte: Cgil Treviso).
(Foto: Direzione investigativa antimafia).
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