La baronessa “Marieta in Combricola de pochi ani” è stata bruciata alle 22.20 di sabato sera sopra le acque del fiume Sile a Ponte Dante di Treviso. È l’inevitabile conclusione del “Processo aea Vecia”, tradizionale appuntamento di metà Quaresima che dal 1966 viene messo in scena dal Gruppo Folkloristico Trevigiano.
Marieta, riconosciuta colpevole di tutte le malefatte della città, è stata la cinquantacinquesima “vecia” mandata al rogo pur con due anni di ritardo, visto che nel 2020 e nel 2021 era stata graziata dall’emergenza Covid-19. Il grande fantoccio a cui hanno dato fuoco i sub del Gruppo sommozzatori Treviso, immersi nel fiume illuminato con le fiaccole tricolori, era quello che aveva costruito già due anni fa lo storico fondatore e presidente del gruppo Folkoristico, Gianfranco Crespan, scomparso nel 2021.
È stato questo il primo processo senza il suo più importante artefice. Crespan ricopriva da oltre mezzo secolo il ruolo del Conte Calcina, la pubblica accusa della Vecia rea di ogni “maea grasia” degli ultimi anni.
Il processo era stato ideato come una rappresentazione satirica per mettere alla berlina il potere costituito e chi governa, l’amministrazione comunale, i politici che non mantegono le promesse. Il Gruppo Folkloristico Trevigiano, sorto nel marzo del 1968, per onorare il ricordo del suo presidente, e commemorare anche un altro padre fondatore, il maestro Angelo Smeazzetto, dopo un biennio di stop ha voluto ripartire proprio dal suo evento più popolare, che ha richiamato a Ponte Dante e lungo la riviera del Sile tantissimi spettatori di tutte le età.
La sentenza è stata emessa dal magistrato di lungo corso “Saltabusoea Tarquinio da Madona del Soco”, ruolo da sempre ricoperto da Maurizio Meneguz che, insieme a Crespan e Smeazzeto, è stato l’ideatore del processo. Il giudice, molto poco imparziale e “dai piè netti e no mani pulite”, prima di dare inizio all’udienza ha ricordato l’amico Franco che ha lasciato un grande vuoto. “Non volevo più scrivere e nemmeno fare questo processo, – ha detto Meneguz – ma Ivano Camarin, il nuovo presidente, mi ha convinto a continuare, coinvolgendo i giovani del Gruppo Folkloristico Trevigiano perchè siano loro a portare avanti questa tradizione”.
La pubblica accusa, per la prima volta, è stata sostenuta da due “improbabili” pubblici ministeri: “Checca Busona dei Cicaroti da San Lazzaro”, ovvero Tatiana Pellizzer, e il contadino “Nane Britoea dea Baruchea”, alias Luigino Visentin. L’inutile avvocato difensore, visto che la Vecia infine viene sempre condannata, è “Ildebrando Imega da Paderno”, nei cui panni si cala Renato Pasqualini.
“Marieta” nel copione del 2020, mai messo in scena, era contessa. Ma con il passare del tempo è salita di rango, diventando baronessa delle “tante promesse” e le malefatte si sono accumulate. La lista è lunga: il costo in aumento delle bollette di Contarina; i fossi poco puliti; il rincaro dei biglietti dell’autobus; i vigili urbani che con i droni “sensa corar ciapa i ladroni”; il Parco dello Storga (dove, tra l’altro, si trovano le Case Piavone e il Museo Etnografico sede del gruppo folkloristico) che sta andando in malora; il palazzo della Provincia una cattredrale nel deserto semivuota; l’asfalto delle strade “buse e taconi” per i tanti cantieri; le botteghe del centro che continuano a chiudere; i bulletti delle baby gang che fanno a botte e quelli che depositano rifiuti sulle mura.
La stoccata più pesante ha riportato in auge la difficile convivenza tra pedoni e ciclisti lungo i passeggi di viale Vittorio Veneto. “Tre amministrazioni sono passate e nulla è stato risolto – hanno sentenziato i magistrati – La pista ciclabile è stretta e pericolosa. La giunta Conte ha detto che voleva buttarla via, ma non ha detto quando. Quando ci sarà una ciclabile nuova per arrivare in città in bicicletta?”.
L’avvocato Ildebrando a difesa ha fatto presente alcune cose fatte bene: la creazione del Campo Eolo, il rifacimento della piazza Martiri di Belfiore a Santa Maria del Rovere e lo scongiurato trasferimento della Camera di Commercio, che resta in Piazza Borsa e non trasloca più all’Area Appiani. Ma il tribunale popolare ha decretato ugualmente di mettere al rogo la baronessa Combricola, che è stata chiamata davanti ai giudici (impersonata da Chiara Biscaro) per dettare il suo testamento alla città prima di finire in fiamme: tra gli eredi dei lasciti anche i vigili urbani, a cui va un 45 giri di Jovanotti “Dolce far niente”; un alto erede l’assessore alla Cultura che si dovrebbe ricordare anche delle tradizioni folkloristiche, oltre che dei classici greci, e infine le pastiglie contro la menopausa lasciate agli “scienziati” che non hanno permesso di bruciare la Vecia il giovedì di metà quaresima, per non aggiungere altro fumo a quello causato dall’incendio di Longarone.
Prima di dare il via al processo il sindaco Mario Conte, presente tra gli spettatori con la giunta comunale quasi al completo, ha ringraziato tutti coloro che hanno lavorato per l’organizzazione dell’evento, sottolineando l’importanza di fare comunità per affrontare una situazione ancora complicata.
Il prima cittadino ha chiesto una po’ di “clemenza” ai giudici : “Siamo qui a prenderci la nostra tirata d’orecchie, ma mettetevi una mano sulla coscienza per il vostro sindaco”. Alla realizzazione del processo hanno collaborato il Gruppo sommozzatori, il servizio emergenza radio, il gruppo storico Selva Nostra, i tamburi Baghe dea Zosagna, il Comune di Treviso, la Provincia, il Gruppo Panificatori, Ascom Confcommercio, la Croce Verde e tanti sponsor che hanno contribuito a coprire le tante spese che, è stato detto dai presentatori della manifestazione, sono incrementate. Sicuramente anche questo per colpa di “Marieta”.
(Foto: Gruppo Folkloristico trevigiano).
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