Hansel e Gretel di oggi sono dei “millennials” che ritrovano la strada di casa grazie al segnale Gps , se si perdono in un supermercato dove li ha dimenticati la mamma divorziata, single e stressata da un capo ufficio tirannico.
Non senza essere prima finiti nelle grinfie di una moderna megera, che li attira nella casetta di zucchero e biscotti in cui gestisce la bottega “I dolcetti di Nonna Ludmilla”.
Ma si sa che, dentro alla golosa “trappola”, si nasconde un forno in cui i due “smarriti” dovrebbero arrostire. Come va a finire, lo si vedrà a settembre.
Nelle mani della compagnia L’Aprisogni la fiaba dei Grimm diventa un’avventura metropolitana, in cui i due fratellini – burattini gabbano la strega con la tecnologia 4.0.
“Hansel e Gretel nel bosco di città” è la nuova produzione che Cristina Cason e Paolo Saldari stanno allestendo nella loro abitazione – laboratorio di Treviso, per farla debuttare il 2 settembre a Silea. In un grande armadio custodiscono un centinaio di burattini a guanto, marionette, pupazzi, scene e costumi creati in quasi trent’anni di teatro di figura professionale.
La lampada di Aladino, Cappuccetto Rosso, il Castello di Tremalaterra, Arlecchino Cavadenti, i tre porcellini, lo strano esperimento del dottor Pinkerton e tante altre sono le storie fantastiche raccontate dall’Aprisogni, che si rivolge sia al pubblico junior che agli adulti, seguendo due filoni: la reinterpretazione in chiave ironica di favole classiche e l’innovazione di canovacci della commedia dell’arte e del teatro dei burattini di tradizione.
“Se con questo mestiere devi camparci, devi per forza diversificare le produzioni rivolgendoti a più fasce d’età – dice Cristina Cason, esperta in arte del tessuto e sarta di scena – Purtroppo in Italia c’è un luogo comune difficile da scalzare, ovvero che il teatro dei burattini sia solo per bambini. Invece, è un genere di spettacolo adatto a un pubblico trasversale e che parla anche agli adulti”.
Proprio per gli spettatori “over” è stato pensato il nuovo lavoro che Cason e Saldari stanno preparando insieme ad altri due maestri del genere, Paolo Papparotto e Cristina Marin.
Si intitola “Pantalone memento mori” ed è un testo satirico che affronta l’ostico tema della morte. “Purtroppo in Italia non c’è un vero circuito di teatro di figura per adulti, se si eccettuano due festival di Pinerolo e Torino. In repertorio abbiamo “Aspettando Godot” di Becket, ma c’è il rischio che non lo veda nessuno. All’estero, invece, è un genere più affermato e rappresentato“, prosegue Cason, tenendo in mano la Ludmilla che dovrebbe spaventare i piccoli spettatori di Hansel e Gretel.
Dovrebbe, perchè il suo aspetto non è quello di una strega classica, ma di una stravagante signora dagli ispidi capelli rossi.
“Per lei mi sono ispirata alla stilista inglese Vivienne Westwood”, dice ancora la burattinaia, che crea i costumi delle teste di legno, costruite dal marito Paolo, un vero “genio” nel dare volto, corpo e carattere alle sue creature.
Tra i suoi ultimi burattini più riusciti c’è il diavolo rosso con il naso d’argento, protagonista di una favola popolare raccolta da Italo Calvino.
Cristina Cason e Paolo Saldari realizzano baracche e burattini anche per altri artisti di questo genere. “L’Aprisogni”, nata nel 1992, è rimasta una delle poche compagnie professionali (come quelle di Paolo Papparotto, Alberto De Bastiani e Gigio Brunello) che nella Marca Trevigiana porta avanti l’antica tradizione del teatro di figura, affascinando le piazze estive gremite di giovanissimi e famiglie.
“Il burattino è un mezzo su cui i bambini proiettano le loro emozioni. È molto educativo. Se in scena c’è un personaggio che si comporta male, loro sanno che deve avere la giusta punizione – conclude Cason – Io credo che nei nostri spettacoli possiamo anche parlare ai bambini della morte, della paura e del mistero. In fin dei conti, nelle fiabe classiche puoi individuare dei percorsi iniziatici, per capire il senso della vita. E nelle favole, non sempre vince quello più grande e grosso. Credo che i nostri spettacoli siano un ottimo strumento pedagogico, tanto che ce li chiedono per portarli nelle scuole materne ed elementari”.
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