Treviso, bandiera a mezz’asta per le sorti del popolo afghano e in particolare delle donne. Conte: “Un segno di vicinanza della nostra comunità”

Bandiera a mezz’asta nella Città di Treviso: è quanto si è visto in città nella giornata di oggi, martedì 17 agosto, un segno voluto dal sindaco Mario Conte per esprimere vicinanza al popolo dell’Afghanistan e specialmente alle donne di quel Paese che, a partire da domenica, stanno vivendo l’incubo del ritorno dei talebani.

Ed è proprio la popolazione dell’Afghanistan a essere, suo malgrado, al centro della cronaca internazionale di questi giorni, con scene agghiaccianti come la corsa disperata all’aeroporto di Kabul dei cittadini in fuga da un territorio che per vent’anni aveva potuto non pensare all’incubo talebano.

Ma è soprattutto la condizione delle donne afghane a preoccupare ora la comunità internazionale, visto il brusco arresto di quello che era a tutti gli effetti un cammino per la parità dei diritti.

Come varie fonti internazionali hanno reso noto, le donne ora sono costrette a lasciare il lavoro e a nascondersi, a indossare il burqa, a nascondere diplomi e lauree, mentre nelle sedi delle Ong si brucerebbero i fascicoli di quante hanno collaborato e sono state aiutate, per evitare che vengano raggiunte da qualsiasi tipo di violenza.

A nulla, per ora, valgono le rassicurazioni del portavoce dei talebani, il quale assicura che i diritti delle donne e l’accesso all’istruzione verranno aspettati: nessuno sembra crederci, né la popolazione afghana né tantomeno la comunità internazionale.

In queste ore sono tanti i volti e le storie che emergono in quella che appare una tragedia umanitaria e sociopolitica: si parla di elenchi di ragazze e donne dai 12 ai 45 anni nubili da dare in spose ai soldati come bottino di guerra, circolano le foto dei manifesti pubblicitari dove i volti femminili vengono coperti da uno strato di vernice bianca, come nulla fosse.

C’è il volto di Zarifa Ghafani, tra le poche donne afghane diventate sindaco, che teme per la propria vita, ma anche quello della giornalista della Cnn Clarissa Ward, che in poche ore ha dovuto abbandonare gli abiti occidentali e coprirsi il capo, sintomo del cambio di scenario repentino avvenuto.

Senza dimenticare il video divenuto virale di una giovane, disperata per il proprio futuro, che tra le lacrime ha pronunciato la propria sentenza: “Noi non contiamo perché siamo nati in Afghanistan”.

E sicuramente c’è da riflettere in questo momento, specialmente se sei donna, su quanto possa cambiare la vita a seconda del contesto geografico in cui ci si trova.

Ma deve essere citato anche il caso di un gruppo di donne che, nelle ultime ore, si sono recate di fronte al palazzo presidenziale di Kabul per sollecitare il rispetto per il mondo femminile, mentre TOLOnews, il primo canale di notizie afghano, ha annunciato il ritorno delle giornaliste in tv, assenti dopo l’arrivo dei talebani di domenica: professioniste che continueranno a lavorare, ma a volto scoperto.

A Treviso, intanto, si inizia con la bandiera a mezz’asta. La motivazione del gesto l’ha spiegata lo stesso sindaco Conte sui social: “Abbiamo voluto lanciare un messaggio forte perché la bandiera a mezz’asta rappresenta istituzionalmente una grave perdita, un lutto”. “Vogliamo comunicare la vicinanza della comunità trevigiana alla popolazione afghana e in particolare alle donne – ha proseguito – che con il ritorno dei talebani vedono annullate le proprie conquiste sociali e la libertà”.

“La condanna alla mortificazione dei diritti delle donne ci deve unire – ha concluso – Le cittadine afghane rischiano di pagare a caro prezzo il ritorno al potere dei talebani e rischiano di vedere compromesso il processo di emancipazione sociale iniziato negli ultimi 20 anni”.

Sono tante le realtà legate a livello nazionale al mondo femminile che stanno esprimendo in queste ore la propria preoccupazione.

Anche il club Soroptimist Conegliano-Vittorio Veneto, gruppo che riunisce al suo interno diversi profili di professioniste, ha dichiarato la propria vicinanza alle afghane sul suo canale Facebook ufficiale: “Come donne e come Soroptimiste siamo profondamente preoccupate per le donne, le minoranze e in generale per i diritti umani calpestati”.

(Foto: Facebook).
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