Cos’hanno in comune Dante Alighieri (1265 – 1321) e Francesco Petrarca (1304 – 1374)? I due giganti della letteratura italiana erano toscani, l’uno fiorentino e l’altro aretino; entrambi subirono le drammatiche conseguenze dell’esilio e ambedue trassero ispirazione da “muse” morte prematuramente, Beatrice e Laura.
L’elenco delle analogie, come del resto quello delle diversità, fra il Sommo Poeta e l’autore del Canzoniere potrebbe proseguire all’infinito, ma c’è un sorprendente dettaglio nella loro vita più intima che condividono: i loro primogeniti sono entrambi sepolti in Veneto, a Treviso, e nella stessa chiesa: San Francesco.
In un articolo pubblicato il 5 maggio del ’36 sulla Gazzetta del Popolo, il giornalista e scrittore pavese Nino Selvaneschi esprimeva la propria gioia dinanzi all’inaspettata scoperta delle tombe di Pietro Alighieri e di Francesca Petrarca, poste a pochi metri l’una dall’altra “sotto la stessa cupola francescana”. A distanza di oltre ottant’anni lo storico della letteratura Giulio Ferroni, nel suo viaggio nell’Italia della Commedia, al cospetto delle due sepolture riflette sul singolare destino dei figli di due padri così ingombranti. Due storie completamente diverse quelle di Pietro e Francesca, che tuttavia meritano di essere ricordate.
Pietro Alighieri nacque a Firenze nel 1300, primogenito (secondo alcuni secondogenito) di Dante e Gemma Donati. Assieme al fratello Iacopo seguì il padre nelle peregrinazioni da esule, mentre la sorella minore Antonia restò con la madre. Rientrato a Firenze all’età di ventidue anni, dinanzi alla precaria situazione economica della famiglia, prima riparò a Bologna ove studiò giurisprudenza, quindi si stabilì definitivamente a Verona. Nella città scaligera esercitò le funzioni di delegato del podestà, giudice e notaio. Padre di tre figlie divenute monache benedettine e di Bernardo, nato da una relazione extraconiugale, dedicò buona parte della sua esistenza allo studio del capolavoro paterno e alla poesia. A lui è attribuito il ritrovamento degli ultimi 17 canti del Paradiso nascosti da Dante vicino a una finestrella nella dimora ravennate.
Alla veneranda (per l’epoca!) età di 64 anni Pietro si trovava a Treviso per tutelare gli interessi di una famiglia di banchieri fiorentini in odore di fallimento, gli Agolanti. Non è escluso che volesse anche visitare il figlio Bernardo. Colpito da malattia mortale, a due mesi esatti di distanza dalla stesura del testamento, Pietro spirò il 21 aprile 1364 lasciando precise indicazioni sulla sepoltura desiderata. L’arca funebre, opera del veneziano Ziliberto De Sanctis, doveva avere fattezze simili a quella del vescovo Castellano di Salomone ubicata in Duomo, con lo stesso “fondo in pietra d’Istria”, due colonne con “testa di leone” e i relativi fregi gentilizi; la cifra pattuita, centocinquanta ducati d’oro, era da “liquidarsi in due rate”. Questi dettagli emergono dalla lettura di un atto notarile rinvenuto a Treviso nell’Ottocento da Luigi Bailo, studiato per primo da Gerolamo Biscaro e analizzato da Antonio Bruno, autore di un interessante testo reperibile sul sito web dell’Archivio di Stato di Treviso. Collocata in un primo tempo nel chiostro di Santa Margherita del convento degli Eremitani, dopo essere stata scomposta in concomitanza con l’invasione napoleonica, l’arca fu ricomposta nella chiesa di San Francesco nel 1935 ove, ancora oggi, la si può ammirare.
Decisamente meno clamorosa è la vicenda terrena di Francesca Petrarca. Il poeta aretino, durante il soggiorno avignonese, ebbe almeno due figli da donne diverse: Giovanni, venuto alla luce nel 1337, e Francesca nata sei anni dopo nel 1343. Il primogenito ebbe un’esistenza tribolata che costrinse il padre, preoccupato e deluso, ad allontanarlo dall’Italia per alcuni anni. Doloroso a dirsi, soltanto la morte avvenuta a Milano durante una feroce pestilenza, lo riabilitò agli occhi del padre che scrisse con lucida sofferenza: “Il nostro Giovanni, nato per il mio tormento e il mio dolore, da vivo mi ha afflitto con gravi e continue preoccupazioni e da morto mi ha colpito con un acuto dolore, lui che ha trascorso pochi giorni lieti in vita sua”.
Francesca, per lunghi anni vissuta lontana dal padre, si ricongiunse con il genitore forse a Milano per poi seguirlo a Venezia e Arquà. Madre di almeno otto figli, sposa di Francescuolo da Brossano, Francesca morì di parto a Treviso nel 1384, poco più che quarantenne, a distanza di dieci anni dalla scomparsa del poeta. I suoi resti, inizialmente inumati nel cimitero esterno, dopo essere stati conservati per dieci lustri nel Museo Civico, dal 1932 riposano in una delle cappelle laterali della chiesa francescana.
La Marca trevigiana, costellata di tracce dantesche, e il Veneto patria d’adozione di Francesco Petrarca offrono innumerevoli spunti per riscoprire le radici più nobili della nostra cultura. E Treviso, “dove Sile e Cagnan s’accompagna” (Paradiso, IX) è un ottimo punto di partenza.
(Autore: Marcello Marzani)
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