Vivono di solito in piccoli gruppi di due o tre famiglie, occupano i terrain vagues con le loro lunghe roulotte color crema o in case abbandonate nascoste da un cancello arrugginito.
Alcuni sono dei Luftmenschen (uomini dell’aria), dei girovaghi che vivono di espedienti, altri sono giostrai, falegnami, gommisti, calzolai. Rom, sinti, caminanti, gaggi, in una bella brutta parola, dipende da come la si pronuncia: zingari (in inglese gipsy).
In Veneto sono quasi 4000, in provincia di Treviso intorno a 350. Devis Mayor, nella vita maestro d’ascia, delegato del Veneto nel Consiglio Nazionale Rom-Sinti, nelle ultime settimane ha ricevuto un migliaio di telefonate di famiglie in grande difficoltà. Si definisce un ibrido: un po’ sinti, un po’ gaggio (straniero), un po’ romagnolo come la nonna.
“Ho chiesto aiuto alle associazioni, ai comuni, alla Protezione civile, e vado a personalmente a consegnare i generi alimentari nei campi con tutte le precauzioni del caso. Per il momento non c’è nessun piano per noi. Purtroppo la storia si ripete, ma è una storia di pregiudizi che forse sia noi che voi dovremmo lasciarci alle spalle dicendo “Noi” e basta. La bandiera rom sinti con una ruota rossa al centro è molto bella ma la mia nazione è l’Italia, anzi l’Europa.”
Cosa direbbe a un sindaco dei nostri comuni?
“Non avere paura, vieni nei nostri campi a prendere un caffè e costruiamo un progetto insieme, anche per regolarizzare la nostra presenza con i proprietari dei terreni. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, durante la quale il 2 agosto 1944 a Birkenau quasi 500.000 tra rom e sinti furono sterminati, la società continua a dimenticarsi di noi. E così accade anche ai tempi del Covid-19. Ogni essere umano è vita ed e speranza, ma proposte per noi non ce ne sono.”.
(Fonte e foto: Mario Anton Orefice per Qdpnews.it).
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