“Ostaggio” sull’isola di Carabane in Senegal, ma il trevigiano Gasparetto: “Quasi quasi rimango qui”

Dal 12 marzo non può spostarsi dalla piccola isola di Carabane nella regione di Casamance, nel sud del Senegal. Francesco Gasparetto (nella foto), 48 anni, curriculum da mediatore culturale, capello spettinato, è anche volontario dell’associazione “I Care” onlus di Treviso, presieduta da Gianni Rasera, per il progetto della costruzione di una vasca per la raccolta dell’acqua piovana.

Un impluvium che potenzierebbe la disponibilità di acqua potabile sull’isola, poiché le falde di acqua dolce sono contaminate dall’acqua salina. Raggiungiamo Francesco con un collegamento video in whatsapp: “Vivo in un bungalow all’interno di un campeggio. I divieti non sono severi come in Italia, ma c’è comunque una diffusa consapevolezza dei rischi di quest’epidemia. Tutti i taxisti portano la mascherina, all’ingresso dell’unica strada che porta nel vicino paese di Diebering c’è una corda a mezz’aria che obbliga tutti a fermarsi per misurare la temperatura, disinfettarsi le mani, prendere atto della necessità del distanziamento sociale e del coprifuoco dalle 20 alle 6”.

Quando potrai tornare in Italia?

Non prima del 4 maggio, data fino alla quale in Senegal nessuno può spostarsi dal luogo in cui risiede. Quello che mi preoccupa è il viaggio di ritorno che è ad alto rischio di contagio. Per raggiungere Dakar infatti dovrei prendere dei taxi collettivi, frequentare stazioni degli autobus, e poi salire su un paio di voli internazionali. Ho una mamma molto anziana che ha ottantaquattro anni e non voglio mettere a rischio la sua salute, quindi valuterò se autoconfinarmi fino a giugno o oltre qui in Senegal. Certo il desiderio di riabbracciare i miei cari è forte”.

È un paese a cui sei molto legato?

Molto, dieci anni fa in un villaggio vicino a Thies ho contribuito all’organizzazione di una radio comunitaria che si occupava di diritti delle donne, medicina d’urgenza di prossimità, di lottare contro l’emigrazione clandestina. Poi ogni anno sono tornato. Oltre al progetto di Carabane sono in contatto anche con un’associazione di Seidhiou che lavora con i migranti di ritorno dalla Libia e da altri paesi, e con Face, una federazione di casamancesi di che realizza “chateaux d’eau”, serbatoi d’acqua collocati a venti metri d’altezza per la distribuzione a caduta di quello che in Africa iin generale è un bene raro e molto prezioso”.

(Fonte e foto: Mario Anton Orefice).
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