Presentato nella tarda mattinata di oggi, mercoledì 7 aprile, nella sede provinciale di Confcommercio il “Report Covid”, ovvero un’analisi su consumi e imprese (formate da 1 a 49 addetti) nel territorio della Marca trevigiana, realizzato da Format research su richiesta di Unascom: uno studio che lo scorso marzo, ovvero durante il 13esimo mese di pandemia, ha preso in esame lo stato di salute dell’impresa nel terziario nella provincia di Treviso, andando a indagare gli effetti provocati dalla crisi, il clima di fiducia sul territorio, i livelli di liquidità e i ricavi.
Un’analisi particolare considerato come la provincia di Treviso sia quella più colpita dai contagi nel Veneto e tra le 10 più colpite in Italia, che ha perso un volume produttivo pari a 390 imprese su un totale di circa 41.422 attività, mentre risultano a rischio, dopo il blocco dei licenziamenti, ben 27 mila posti di lavoro: uno studio che è stato preceduto dalla proiezione del video dal titolo “Il futuro non si chiude”, il quale ha trasmesso l’atmosfera vissuta in questo periodo di crisi economica e sanitaria.
Di fronte a questi primi dati Tullio Nunzi, commissario pro-tempore di Unascom, ha osservato come sia necessaria una pianificazione delle aperture, “per evitare danni irreparabili e ulteriori lungaggini”.
“Spero che si cambi modo di intervento, – ha aggiunto – perché il rischio è quello di perdere la nostra identità”.
Pierluigi Ascani, autore della ricerca di Format, ha spiegato come il 64 percento delle aziende siano attive nel terziario, così distribuite nei quattro mandamenti di Ascom Confcommercio: il 76 percento di quel dato nell’area trevigiana, il 10 percento in quella di Castelfranco, l’8 percento nella zona di Oderzo e il 6 percento nel vittoriese, che è risultato il mandamento più colpito dalla crisi economica attuale.
“I dati sono stati elaborati tramite le Camere di commercio – ha spiegato Ascani – e, nel 2020, la voglia di fare impresa è diminuita del 17 percento, rispetto alle media del 20 percento del Veneto, mentre è emerso il fenomeno delle cosiddette ‘imprese zombie’, secondo il termine coniato dalla Banca d’Italia”.
Sono circa 1.500 le imprese così denominate perché risultano inattive, ma non hanno ancora chiuso la propria attività a causa dei costi della pratica. Come ha spiegato Ascani, sono inoltre emersi sul territorio dei problemi di liquidità che prima non erano mai stati registrati: sono infatti cresciute del 39 percento le imprese della Marca che si sono rivolte alle banche nel primo trimestre dell’anno, per chiedere un finanziamento.
Nonostante la fiducia nella situazione generale sia complessivamente calata, la ricerca ha messo in luce come tale dato non corrisponda invece alla fiducia nella propria attività, segnale di una “tenace volontà a resistere” e della presenza sul territorio, nonostante tutto, di un certo spirito imprenditoriale.
Preoccupazione anche sul fronte dei consumi, calati del 31 percento la scorsa estate e del 54 percento nell’ultimo trimestre, a fronte di una perdita di 116 miliardi di euro in termini di consumo su tutto il suolo italiano: il settore più colpito è quello degli alberghi (- 66 percento), seguito da bar e ristoranti (- 63 percento), dalle attività nel settore del commercio (- 44 percento, con maggiori difficoltà nel settore dell’abbigliamento).
L’unico ambito ad avere avuto un segno “+” è stato il settore del commercio al dettaglio di prodotti alimentari, con un incremento pari al 4 percento.
“Quello attuale è un contesto di incertezza che richiede delle leggi su lungo periodo, per ricostruire un tessuto imprenditoriale toccato dalla pandemia. – è stato il commento di Federico Capraro, presidente di Ascom Treviso – Solo ora ci si accorge dell’importanza di quelle che erano le presenze turistiche nel territorio, che dovranno essere incrementate per avere delle ricadute anche sugli altri settori”.
Visione confermata da Rino Rinaldin di Ascom Oderzo che ha definito la condizione del territorio come “un film troppo lungo gestito da un regista in difficoltà”, osservando come le proteste di ieri a Roma siano la riprova di quanto la “gente inizi a ribellarsi”.
“L’assenza dell’appoggio di una banca del territorio” è, invece, quanto sottolineato da Pierluigi Sartorello di Ascom Castelfranco, il quale ha segnalato la “necessità della giusta liquidità”.
Michele Paludetti di Ascom Vittorio Veneto ha aggiunto come servano dei “ristori importanti, perché quelli ricevuti si sono rivelati inadeguati”, mentre non deve essere dimenticato un supporto in aiuto alle “città zombie” e, più in generale, ai centri storici.
(Foto: Ascom).
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