La giustizia, in ambito penale, tende a essere interpretata da un punto di vista reo-centrico, ovvero evidenziando la posizione di chi ha commesso il danno. La definizione di “giustizia riparativa”, al contrario, cambia il paradigma, comprendendo anche la vittima e il contesto che in qualche modo è stato influenzato dal reato.
Nello scenario di una classe scolastica in cui avviene un conflitto, per esempio, non sono soltanto i protagonisti dell’azione ma anche i compagni ad aver bisogno di ripercorrere l’accaduto, superandolo eventualmente attraverso il dialogo. È su questo tema che nasce un tavolo di lavoro capace di riunire diverse autorità, realtà che già operano in ambito sociale, associazioni e istituzioni, nel tentativo di stilare e firmare un vero e proprio manifesto che descriva la giustizia riparativa con completezza.
Alla conferenza stampa di questa mattina, nella sede della Provincia di Treviso, il presidente Stefano Marcon, la dottoressa Renata Moretti dell’Istituto Besta di Treviso, il dottor Francesco Rocco di Cittadinanza attiva Treviso, la dottoressa Luisa Cerenghin, l’avvocato Enrico Marignani, presidente dell’APS La Voce con la cooperazione di Sara Dall’Armellina, hanno presentato l’evento che si svolgerà questo mercoledì, ovvero la firma del manifesto per la giustizia riparativa, preceduta da una serie di interventi autorevoli da parte degli enti che lavorano quotidianamente sul tema.
Nello stilare il manifesto hanno partecipato attivamente referenti dei Comuni di Treviso, Mogliano Veneto e Vittorio Veneto, Polizia locale di Treviso, Sede U.E.P.E. di Treviso, C.G.M., U.S.S.M., I.P.M., Casa Circondariale Santa Bona, Sanità Penitenziaria – Ulss 2, Garante regionale dei diritti della persona, Ufficio Scolastico Provinciale, una Scuola Secondaria di secondo grado, un Istituto Comprensivo, una Comunità per minori, Cooperative Sociali e Associazioni coinvolte in percorsi riparativi, Caritas di Treviso e Vittorio Veneto.
Il tavolo era nato a Treviso per discutere di giustizia in ambito penale, ma attraverso un progetto regionale è stato successivamente ampliato e inserito anche nella sfera dell’educazione scolastica. Attualmente esiste un solo centro di mediazione, a Conegliano, dove lavorano prevalentemente volontari: su una trentina di casi, la metà che ha scelto di proseguire attraverso la mediazione ha potuto ritrovare un dialogo.
La giustizia riparativa si può applicare a qualsiasi situazione: dal furto alla violenza, dall’incidente stradale al bullismo. “Ogni reato ha un versante emotivo che non può essere restituito – ha commentato Sara Dall’Armellina -. Nel caso di un furto, per esempio, la paura che possa ricapitare non può essere colmata. Oggi stiamo vivendo un momento di grave emergenza per quanto riguarda le relazioni: attraverso la mediazione si può trovare un dialogo che non trova giudizio né soluzione, ma che favorisce lo spazio tra le parti in contrasto”. L’efficacia del sistema ha alcune condizioni: nessun soggetto può essere coinvolto in un percorso di questo tipo se non lo sceglie personalmente.
“Possiamo costruire dei centri di mediazione che diano spazio a persone che si sono trovate coinvolte in dei reati, per riprendere là dove il dialogo si è perso. Così possiamo rimettere al centro le persone – afferma l’avvocato Marignani -. La giustizia riparativa, però, non è un mezzo deflettivo: il punto non è se si vuole affrontare o meno il processo. Tuttavia, se in ambito minorile si sperimenta la mediazione durante le indagini preliminari, le parti possono riacquistare il dialogo e rendere inutile la discussione del processo, con un’eventuale remissione tacita senza querela”.
“In ambito educativo si potrebbe parlare di ‘pedagogia della pace’ – ha affermato la dottoressa Renata Moretti, citando un termine di Maria Montessori – e in questo caso partire dalle scuole ci garantisce di operare in termini di prevenzione”. “Abbiamo registrato una grande sensibilità – ha spiegato il dottor Rocco -, sia dalle autorità sia dagli interventi tecnici”.
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