Vali, la sarta che riveste tutto il paese si racconta nell’agenda “Doppiotempo”

Vali, la sarta che riveste tutto il paese si racconta nell’agenda “Doppiotempo”

“Mani d’oro”: è questo il titolo della storia, una delle tante e profonde storie di vita raccolte nell’agenda “Doppiotempo” 2023 pubblicata dal Comune di Treviso. L’amministrazione, in collaborazione con la commissione parti opportunità e l’organizzazione “Spazio donna” di Treviso ha promosso l’iniziativa dedicata alla parità di genere. Il progetto ha preso la forma di un’agenda, oggetto di uso quotidiano, fra quelli strettamente personali, che in questo caso vuole narrare una storia comune, come quella di Vali.

Alla data di pubblicazione di questa agenda, Vali ha 74 anni. Vive e lavora come sarta a Santa Maria del Rovere da 52 anni e per il vicinato è un’istituzione, benvoluta e rispettata da tutti. Con le sue mani d’oro, tanta pazienza e una macchina da cucire, veste e riveste tutto il quartiere, rimette a modello, rattoppa, rigenera, cuce e accorcia.

Di fronte a un pezzo di stoffa, è in grado di trasformarlo in un’opera di creatività; restituisce a tutte le donne la propria taglia e a un abito vecchio dona nuova vita. Non applica alcuna tariffa e le centinaia di clienti versano offerte responsabili per ogni lavoro svolto. Ha un aspetto bello, giovanile, curato, accoglie tutti col sorriso e con parole gentili. Ha un suo “saper far tutto” che le viene sia dall’eredità materna – mamma sarta e ricamatrice, zie sarte, nonna sarta – sia dalla scuola di sartoria che ha frequentato fino all’adolescenza. 

“Mani d’oro”: il racconto di una storica sarta

“Sono originaria di Spineda di Riese, in provincia di Treviso – racconta Vali –. Sono la terza di cinque fratelli, mia madre era siciliana, mio padre veneto. A 14 anni sono partita per la Germania con uno dei miei fratelli perché in casa c’era bisogno di denaro per sfamare tutti. Ho lasciato la mia scatola da cucito con cui già facevo vestiti per bambole e ricami e sono partita.

Ho venduto gelati per due anni e mezzo nella Germania del Nord e quando siamo rientrati, coi risparmi raccolti, abbiamo aperto un ristorante a Sant’Artemio, un’attività nella quale mio padre voleva vederci tutti insieme. Il ristorante andava benissimo, avevamo tra i nostri clienti parecchi medici dell’Ospedale e l’abbiamo tenuto aperto per sei anni: io facevo la cuoca e mi piaceva molto. Soprattutto, lì ho conosciuto mio marito, Antonio Rizzo, che all’epoca faceva il camionista e consegnava bevande. Mi sono sposata giovanissima a 18 anni, poi con la gravidanza ho dovuto lasciare perché le attività vanno bene se le segui direttamente e in prima persona. Con mio marito abbiamo vissuto a Santa Maria del Rovere, nella zona delle Acquette, e abbiamo avuto tre figli: Bruno, Lucia e Luca”.

La batosta per Vali e per la sua famiglia è arrivata nel 1998, quando il marito subisce un grave incidente stradale con conseguenze permanenti. “Proprio lì, in quel momento preciso, è cambiata la nostra vita: abbiamo perso il camion – che era di proprietà – e la salute. Quattro mesi e mezzo di ospedale e una perdita ingente di lavoro e di denaro. L’incidente ha segnato un prima e un dopo e Antonio non è più potuto tornare a lavorare, anche perché dopo quell’evento traumatico sono arrivate varie malattie: il tumore alla gola, il diabete, la dipendenza da alcol, e in tutto ciò nessun indennizzo economico. Ho sempre lavorato e tenuto duro, l’ho assistito fino all’ultimo respiro, fino alla morte avvenuta nel 2014, e siamo sempre stati uniti nonostante le mille difficoltà.

Ancor oggi mi manca molto. Era un uomo d’altri tempi ma avevamo un rapporto intenso e paritetico: ha sempre riconosciuto il mio ruolo in famiglia e mi valorizzava, mi faceva i complimenti per i compiti che svolgevo e si rendeva conto che il mio lavoro, pur modesto, era indispensabile. Non ho mai perso la forza e l’energia per il cucito, ho sempre accontentato tutti anche nei momenti peggiori. Della sua pensione mi è rimasto pochissimo, ma fortunatamente ho avuto l’aiuto dei miei bravissimi figli, che hanno riscattato e acquistato la casa in cui vivo ancor oggi con uno di loro. Siamo riusciti a farli studiare tutti e tre e oggi hanno un buon impiego, ho anche due nipoti – figli di mia figlia – cui sono molto legata”.

La casa di Vali ha sempre una pentola sul fuoco, è un pullulare di borse e borsette, ognuna con la propria riparazione. Basta un biglietto e uno spillo per capire di che lavoro si tratta, a chi appartiene e quando deve essere consegnato. Tutto funziona magicamente in una catena di richieste che arrivano e borse che vengono consegnate, senza bisogno di messaggi, computer e cellulari: Vali ha resistito a tutte le trasformazioni industriali e sociali. I suoi clienti sono di tutti i tipi: dal lavoratore straniero alla signora benestante. Ci sono orari non detti: al mattino non si passa perché sono le ore del lavoro e della casa, al pomeriggio si passa per consegnare e fare due chiacchere. Dalle 18.30 in poi è già sera: una cena semplice e la giornata è finita. “Sai, alla sera crollo, sono stanca: faccio tutto da me, cucina, pulizie, stiro, cucito e poi sono pronta per andare a letto. Ogni giorno è un nuovo inizio”.

(Foto: Agenda “DoppioTempo”).
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