William Borsato, fuciliere trevigiano in Libano per l’Onu: “Colpito dall’ospitalità della gente. Dalla Marca ho portato la voglia di aiutare chi è in difficoltà”

Il caldo e la siccità di queste settimane potrebbero farci sentire tutti un po’ più vicini a quel territorio lontano oltre 2.300 km, mentre i venti di guerra che soffiano in Europa ci ricordano ad ogni edizione del TG quanto fragile sia la pace in ogni angolo del pianeta.

E proprio per garantire pace e stabilità in una delle aree più complesse del mondo, in quel confine – non confine che separa Libano e Israele, a sud del fiume Litani da 16 anni sono impegnati i Caschi Blu italiani con la missione Leonte, parte della più ampia missione UNIFIL delle Nazioni Unite.

Un migliaio i militari italiani impegnati nell’operazione, la cui guida è ora affidata alla Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli.

Tra loro diversi trevigiani, di nascita o di adozione, come William Borsato, ventisettenne soldato effettivo al Reggimento Lagunari “Serenissima”, che in Libano ha l’incarico di fuciliere: “Il mio incarico sul suolo libanese – racconta – consiste nel pattugliare, insieme alla mia squadra, l’area assegnata al contingente italiano effettuando pattuglie motorizzate ed appiedate, con particolare focus sull’area di confine tra lo Stato di Israele e il Libano stesso, identificato con la BLUE LINE, per vigilare sul mantenimento della pace fra i due Paesi e il rispetto della risoluzione ONU 1701 del 2006. Durante le attività che svolgiamo quotidianamente ci troviamo anche a supportare e assistere le Forze Armate Libanesi sia nel controllo del territorio sia nell’addestramento”.

Il Libano, un tempo definito la “Svizzera d’Oriente” e che con gli anni, dopo l’invasione israeliana del 2006, pareva aver imboccato la strada dello sviluppo, è ora piombato nel baratro di una crisi economica devastante, aggravata dagli effetti della pandemia. È, però, una terra in cui il rispetto per le moltissime confessioni religiose presenti e il senso dell’ospitalità non mancano mai. Un luogo dove, nonostante la distanza, si riesce comunque a percepire aria di casa: “Il Sud del Libano – prosegue Borsato – è una regione a prevalenza musulmana ma una parte abbastanza cospicua della popolazione professa il cristianesimo, ed è proprio nei paesi a maggioranza cristiana che si notano le maggiori somiglianze negli usi e costumi degli abitanti con noi italiani. Durante la mia permanenza qui sono rimasto colpito dall’ospitalità della gente”.

“Trovandomi alla mia prima missione in teatro estero, certamente la distanza e la mancanza delle piccole comodità quotidiane, ma soprattutto dell’affetto delle persone care, si fanno sentire. Il tutto è mitigato dalla fortuna di avere l’ausilio di strumenti tecnologici per poter contattare parenti e amici – prosegue William – fortunatamente il rapporto fra colleghi è ottimo e riusciamo a supportarci l’un l’altro nei momenti di difficoltà sorseggiando una tazza di caffè che, come risaputo, risveglia in tutti noi il ricordo di casa. Le foto sono uno degli ausili per eccellenza che uso come punto di riferimento per tornare con la mente alla mia terra natia; qualche volta, tempo permettendo, riesco a leggere anche qualche articolo di cronaca del Trevigiano e del Veneto in generale. Sono originario di Quinto di Treviso e da casa mi porto non tanto degli oggetti, ma sicuramente la semplicità del vivere quotidiano, con il particolare spirito che accomuna la nostra gente, sempre pronta ad aiutare il prossimo in difficoltà anche solo con il semplice scopo di ricevere in cambio un sorriso”, perché in fondo, molte volte, ciò che ripaga al meglio di tanti sacrifici è la consapevolezza di aver fatto bene il proprio lavoro e di aver fatto la differenza per chi è in difficoltà.

(Foto: per gentile concessione di Sector West UNIFIL).
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