Il profumo del fieno appena falciato e in lontananza il suono ovattato dei campanacci a scandire il passo del giorno. E un sole caldo mitigato da un’aria fresca che fa star bene.
C’è della poesia tra i prati e i pascoli delle Prealpi trevigiane, ma soprattutto tanto lavoro per chi sceglie di vivere e far vivere la montagna, sostanzialmente allo stesso modo dei padri e dei nonni che l’hanno fatto nei decenni trascorsi.
Qdpnews.it, il Quotidiano del Piave, è salito fino ai 1.460 metri di altitudine di località Barbaria per raccontare parte della tradizione della montagna di Valdobbiadene e del comprensorio del monte Cesen.
Fino a poco più di 50 anni fa, in tutto il comprensorio, ogni dettaglio era curato nel minimo particolare: tutti i prati venivano falciati e rastrellati come un giardino. Il fieno veniva trasportato lungo i “trodi” (sentieri di montagna, ndr.) con le “musse” (le antiche slitte in legno utilizzate anche nel bosco per caricare la legna) fino a valle e in paese, dove ogni casa aveva anche una stalla con qualche manza o vitello da sfamare durante l’inverno.
L’alpeggio e il suo “ microcosmo”, con la fienagione, il pascolo del bestiame e la vita di montagna, teneva banco dalla metà di maggio a ottobre tra i monti di Seguisino, Valdobbiadene e Miane, affacciandosi alle spalle anche sulla Val Belluna.
Oggi di questa tradizione secolare forse resta intatta un’ultima testimonianza: quella dell’arte casearia, delle malghe e della produzione di latte e formaggi di altissima qualità. Paladini del comprensorio del Cesen sono Malga Barbaria, la malga valdobbiadenese di proprietà comunale, malga Mariech, malga Domion, malga Faè, malga Budoi di Miane e malga Molvine di Segusino.
La luce del sole e le diverse lavorazioni da compiere senza “sabati o domeniche” danno senso alle giornate in malga. Dal rientro dal pascolo alle prime luci dell’alba, alla mungitura oggi meccanizzata ma nel pieno rispetto del benessere animale.
Dalle erbe e dai fiori dell’alpeggio, attraverso una semplice ma sapiente lavorazione, nasce il formaggio di malga. Poi la stagionatura in un “cavot” profumatissimo che racchiude l’essenza di un lavoro antico che continua ad affascinare senza effetti speciali, ma con tanta dedizione e quel pizzico di poesia che si legge tra le cose genuine.
(Fonte: Gianluca Renosto © Qdpnews.it).
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