Frequenti applausi, lacrime di commozione e tanto orgoglio alpino sono la miglior sintesi della due-giorni dedicata a Luca Barisonzi voluta dal Comune e dall’Istituto comprensivo di Valdobbiadene (su proposta della professoressa Emanuela Martelli) in collaborazione con la locale sezione delle Penne nere.
Il 32enne primo maresciallo in ruolo d’onore, venerdì sera e sabato mattina, nella sede sezionale ha raccontato la sua emozionante storia di invalido di guerra a un pubblico di tanti Alpini, persone comuni e studenti di terza media di Valdobbiadene trasmettendo il suo legame con la nazione (non a caso il suo libro si intitola “La Patria chiamò”). Un’atmosfera particolare anche grazie alle canzoni interpretate dai cori di Valdobbiadene ed Endimione.


Barisonzi, nato a Voghera nel 1990, si arruola volontario nell’Esercito Italiano nel 2008. L’anno dopo è assegnato in Lombardia, a Milano, al Reggimento Artiglieria terrestre. Ma il suo sogno è essere un Alpino e, perciò, vinto il concorso come volontario in ferma prefissata di 4 anni, nel luglio 2010 esaudisce il suo desiderio a Venzone all‘8° Reggimento Alpini, Battaglione “Tolmezzo”, Sesta Compagnia.
A settembre parte per la sua prima missione all’estero, in Afghanistan, e lì capisce “cosa conta davvero nella vita”: regalare un sorriso a chi ne ha bisogno, donare dei biscotti ai bambini del posto, ricevere l’acqua da quei bimbi riconoscenti nel momento di difficoltà, poter dare alle donne il diritto di frequentare la scuola, riportare la vita dove non esisteva più.
Il 18 gennaio 2011, tuttavia, accade l’irreparabile in un avamposto di Bala Murghab: un terrorista, camuffato da soldato afghano, uccide Luca Sanna (proprio nel giorno del compleanno) e spara a Luca, ferendolo all’altezza della clavicola e causandogli una lesione a una vertebra cervicale e a una toracica. I medici non gli danno speranze: “Resterai a letto per sempre senza possibilità di muoverti”.
Luca non si arrende e lotta anche con il pensiero pur di trovare la forza di risollevarsi. Lunghe cure e il continuo impegno nell’attività di riabilitazione, durante i nove mesi di ricovero all’ospedale “Niguarda” di Milano e sei in una clinica svizzera, consentono a Barisonzi di ottenere un sufficiente grado di autonomia, di vivere in sedia a rotelle e di poter avere una figlia, l’adorata Bianca.
Il supporto paterno degli alpini e dell’associazione nazionale, guidata all’epoca dal presidente Corrado Perona, fa il resto e tramite una straordinaria raccolta fondi solidale Luca oggi vive in una casa domotica. “È stata un’incredibile dimostrazione d’affetto, mi sono sentito davvero parte di questa famiglia come avevo sempre desiderato. Non potrò mai sdebitarmi con tutti coloro che mi hanno permesso di avere una casa adatta alle mie esigenze, vi sarò eternamente grato”.


Un ringraziamento corale che il presidente nazionale dell’ANA, Sebastiano Favero, ha fatto suo dedicando a Luca un pensiero di grande affetto, in quanto “come si legge sulla roccia di Doss Trento, per gli alpini non esiste l’impossibile e per noi esserti accanto come una seconda famiglia, dopo il tuo impegno per la nostra nazione e i nostri valori, è stato uno dei momenti più belli della nostra associazione”.
La vita di Luca è un’esperienza bellissima, un desiderio di vivere che lo spinge a lottare ogni giorno per nuovi obiettivi. Dopo la famosa salita a Capanno Margherita sul Monte Rosa, il rifugio alpino più alto d’Europa, attraverso una raccolta fondi di straordinario valore umano: “Sono stati 4.556 metri di voglia di vivere che mi sono esplosi dentro e che mi hanno permesso di realizzare un sogno e anche di poter aiutare le persone mielolese del Niguarda a poter avere una vita migliore”.
L’ultimo sogno nel cassetto del primo maresciallo Barisonzi è partecipare alle prossime Paralimpiadi nel tiro a segno a 10 metri con la carabina ad aria compressa. Un desiderio da condividere con il Gruppo sportivo paralimpico della Difesa che Luca vuole realizzare, perché per lui la vita è bellissima e l’impossibile non esiste.
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