I locali sfitti rappresentano da sempre un problema e un pessimo biglietto da visita per i centri dei paesi e delle città.
Per questo si guarda con ammirazione all’iniziativa che riguarda l’attività ricognitiva nell’ambito del progetto “Locali sfitti” nel Distretto Urbano del Commercio “Valdobbiadene NelCuore”.
Tra le azioni previste a sostegno della tenuta dell’economia urbana e della valorizzazione di questo distretto, infatti, è in via di attuazione un programma d’intervento per promuovere e facilitare l’insediamento di nuove attività imprenditoriali, nei locali sfitti disponibili, con l’obiettivo di sostenere la tenuta complessiva della rete commerciale di prossimità e dei servizi.
“Il lavoro propedeutico a questo intervento – spiegano dal Comune -, che cerca di stimolare e supportare la nascita di nuove attività, attraverso un bando di prossima emanazione (30 settembre 2022), è stata l’analisi ricognitiva del patrimonio immobiliare dei piani terra inutilizzato nei due poli commerciali che compongono il Distretto: Valdobbiadene capoluogo e la frazione di Bigolino”.
Il Comune ha specificato che in questi ambiti si vuole sviluppare una collaborazione pubblico-privata, sotto forma di azioni destinate a consolidare l’attrattività dei luoghi urbani deputati al piccolo commercio.
Sono due gli asset d’intervento sui quali il Distretto del Commercio intende intervenire per favorire questa attività di recupero e rigenerazione dei locali “disponibili”.
In primis degli accordi con la proprietà immobiliare finalizzati a calmierare gli affitti nei primi anni di insediamento delle nuove attività.
Ma non meno importante sarà la predisposizione di un sistema di incentivi e facilitazioni per accompagnare e sostenere la fase di avvio e incubazione delle nuove attività.
Nel report sono presenti anche le analisi sulle agenzie immobiliari e sulle istanze commerciali, il rilievo compiuto e la localizzazione degli immobili sfitti censiti.
Il rilievo ha permesso di censire 60 locali definibili “sfitti”, 43 a Valdobbiadene-San Pietro e 8 a Bigolino, una quantità definita “estremamente rilevante”, se si considera la stima di 250 attività commerciali e di somministrazione operanti in tutto il territorio comunale.
Il 55% dei locali sfitti sono rilevabili in una zona ad alto pregio, quasi tutti insistenti sul sistema centrale via Garibaldi – piazza Marconi – viale della Vittoria.
“Durante lo svolgimento delle inchieste – si legge nel report -, è stato evidenziato un livello troppo alto nella richiesta di affitto, tale da rendere poco sicuro il rischio di apertura di una attività, visto lo scarso mercato locale. Pochi sono stati gli immobili rilevati come in stato di elevato degrado (soprattutto connessi con strutture di grandi dimensioni, quali edifici ex direzionali-bancari, di difficile collocazione nel mercato locale per via delle dimensioni e delle logiche economiche non legate alla realtà comunale)”.
“Più diffusa è la presenza di spazi commerciali definibili come ‘fantasma’ – continua -, ovvero riconoscibili tipologicamente come spazi funzionalmente dedicati, ma cessanti la loro funzione da tempo immemorabile, rappresentanti circa il 10% del rilevato. Si tratta di immobili difficilmente riattivabili, non solo per localizzazione e contesto, ma anche per dimensione e necessità di adeguamento”.
“Un altro 20% circa di immobili sfitti da un decennio presenta dinamiche parzialmente congruenti – conclude -, denunciando una crisi commerciale che ha radici molto lontane nel tempo, non direttamente legate al momento pandemico, che ha più che altro provocato un ‘congelamento’ della situazione. Le interviste a proprietari e/o vicini hanno permesso di rilevare dinamiche interessanti, spieganti molta parte delle condizioni di abbandono”.
Tra queste abbiamo la mancanza di ricambio generazionale e la disillusione nei confronti del mercato, tanto che alcuni degli immobili rilevati sono da considerarsi “fuori mercato”, non solo per motivi localizzativi o di stato degli stessi, ma anche perché “abbandonati”, ovvero non alla ricerca di una allocazione.
“In molti casi questo tipo di atteggiamento ha portato alla trasformazione di tali immobili in ‘magazzini’ – si legge nel report – (dell’abitazione stessa o in affitto), ovvero in depositi che nessuna relazione fisico / funzionale hanno con il contesto in cui sono inseriti. In ogni caso si è assistito ad una mancata rigenerazione dei ‘vecchi’ contenitori, che continuano il loro percorso verso la definitiva dismissione”.
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