Era il 1968 quando uscì la prima edizione de “Il convittore”, il primo libro di Franco Zizola, scrittore tra i migliori del Veneto nella seconda metà del Novecento e il primo ventennio del Duemila. Zizola è mancato lo scorso 2020 a 76 anni, dopo aver dato alle stampe otto romanzi collegati tutti alla sua esistenza, alla sua cultura e ai suoi ideali.
Franco era figlio di maestri elementari che risiedevano a Valdobbiadene. Ed ebbe il privilegio, così lo chiama, di poter frequentare un convitto per figli di insegnanti senza gravare sui magri bilanci familiari per proseguire gli studi
La sua “avventura” parte da Teramo dove conclude le medie. Il convitto, però, gli piace poco soprattutto perché deve indossare una divisa. E lui odia tutte le divise, forse perché ti costringono a pensare quello che vogliono gli altri.
Fin da subito deve fare i conti con un carattere ribelle quasi per costituzione fisica. Che coinvolge tutti gli aspetti della vita.
Siamo negli anni Cinquanta. Chi li ha vissuti ricorda il clima coinvolgente di un cattolicesimo che guidava la vita dei fedeli in ogni suo aspetto.
Per un adolescente come Franco, e per tutti i Franco dell’epoca, il peccato si compendiava nel sesso, come aveva imposto il concilio tridentino. Ma era peccato anche cercare di capire la religione. Tuttavia lui sa trovare la gioia della preghiera, recita il rosario con la corona che la mamma gli aveva dato alla partenza, ogni tanto va anche a confessarsi e riceve la comunione.
Il liceo, che è quello classico, lo frequenta ad Assisi; è il Properzio, il celebre poeta latino del primo secolo a.C. nativo della città di San Francesco. Saranno cinque anni intensi, ricchi di contrasti, con i dirigenti del convitto, con qualche compagno di classe. Ma è anche il periodo in cui scopre quel tormentato sentimento che va sotto il nome di amore.
Sarà qui che conosce una allieva della stessa scuola, con cui vive i primi rossori, i timori, le incertezze. Sarà l’incontro della vita per entrambi. Lui si laurea in lettere a Milano, lei in matematica. E subito si sposano e passeranno la loro vita di insegnanti a Montebelluna, città che descriverà, poi, ne “La mano di Dio”.
Ma questi cinque anni umbri plasmeranno il carattere di Zizola che nella futura esistenza diventerà un uomo alla continua ricerca della serenità (il suo secondo libro si intitolerà “La valle serena”) e di un porto sicuro. Che è, anche, la preghiera come rifugio, come amore. Può esistere Dio?
“Se credi nell’amore – scrive l’autore – non puoi non credere in Dio”. Ma la religione non può essere un pacco preconfezionato calato dall’alto. È continua ricerca, è vita condivisa. Il vangelo è un libro che lo commuove.
“Non vi è nessuno – continua a scrivere – a insegnare che il cristianesimo è principalmente vita…non si possono insegnare le cose che ognuno deve ricercare e trovare da solo attraverso la sofferenza di ogni giornata”.
Sarà quella di Franco un ricerca che continuerà tutta la vita cullando “il grande sogno di trovare la pace, ma in questa terra senza chiamare il cielo”. E non manca l’autocritica quando afferma che “il mio cristianesimo falso troppo spesso usa la parola pena, troppo poco la parola carità”.
“Il convittore” era uscito per i tipi di Bino Rebellato. Ora la moglie Silvana, che nel romanzo è l’allieva Anna, ha integrato questa nuova edizione, pubblicata dalla veneziana Lunargento, con brani inframezzati da alcune liriche, sempre di Franco, che l’autore aveva scartato nelle elaborazioni precedenti.
Non è, quindi, una semplice ristampa, ma la riscoperta di un testo indispensabile per capire il cammino spirituale e culturale di Zizola: bisogno di affetto, crisi religiose, difficoltà di rapporti umani, ma anche la fortuna non indifferente di aver vissuto un unico grande amore. E di aver lasciato opere non facilmente dimenticabili.
(Fonte: Sante Rossetto).
(Foto: Web).
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