Valdobbiadene, alla ricerca del cioccolatino perfetto con Massimo Carnio e l’Accademia Mastri Cioccolatieri di Limana

Il cioccolato non è un prodotto tipico da inserire in un’ideale guida enogastronomica delle colline dell’Alta Marca, così come il connubio tra il Conegliano Valdobbiadene e il cioccolato non è ancora una delle sperimentazioni classiche per i consumatori. Almeno per ora.

Tra le mille perle incastonate nel grande mosaico che compone il territorio, infatti, brilla un’expertise notevole in questo settore, riconosciuta in più occasioni a livello nazionale e poi mondiale.

A Valdobbiadene Massimo Carnio rappresenta un esempio di quest’eccellenza: un professionista al di là della sua attività, perché fare un cioccolatino, che siamo abituati a vedere come un semplice alimento, è un po’ come costruire una statuetta di legno e posizionarla assieme alle altre in un piccolo presepe perfetto. Un’opera artigianale che richiede pazienza e precisione manuale.

Nel laboratorio del pasticcere e cioccolatiere si  svolgono le fasi principali del lungo processo di realizzazione di un cioccolatino speciale, a forma di cabossa.

È proprio da una cabossa che parte questo percorso: il frutto originale della pianta di cacao viene coltivato e raccolto in varie zone dell’emisfero australe. Il suo gusto cambia già a partire da questo aspetto, ma che non è la pianta a modificare la varietà (da fondente al latte) né il colore.

Il colore nero di un fondente, ad esempio, non determina affatto la sua purezza.

Per osservare la prima fase di trasformazione, da frutto a seme e da seme a cacao, occorre andare ai confini dell’Alta Marca verso il belluese, a Limana, dove Angela De Luca gestisce le attività dell’Accademia maestri cioccolatieri italiani, dove ogni anno si rinnovano corsi di specializzazione su tutti gli aspetti che riguardano il cioccolato.

“In una cabossa ci sono circa cinquanta semi di cacao – racconta la pasticciera Angela De Luca, mentre le sue dita raccolgono i semi rimasti – ma non tutti vanno bene. I semi buoni vanno scaldati a 130 gradi per più o meno 20 minuti, per sprigionare quel sapore che tutti conosciamo”.

Vanno poi triturati per diverse ore, finché il burro di cacao, rilasciato nella frantumazione dei semi, diventa una bella crema densa e brillante.

L’aggiunta dello zucchero è un passaggio fondamentale: per far sì che sia puro, non bisogna aggiungerne troppo, per far sì che abbia la giusta consistenza non troppo poco.

Dopo diverse ore la pasticcera raffredda il cioccolato spalmandolo su una superficie a temperatura ambiente, per portarlo da cinquanta a trenta gradi.

Da Carnio, affacciati sulla cornice dell’ottocentesca villa dei Cedri, gli stampi vengono decorati preventivamente, prima con uno spazzolino da denti e poi con un aerografo, che li colora in modo vivace.

Spesso in questo campo la prima cosa da fare è il passaggio di finitura –  racconta il pasticcere, mentre riempie, raschia gli eccessi e poi svuota gli stampi, lasciando un millimetro di cioccolato residuo – perché la lavorazione del cioccolatino avverrà sullo stesso stampo dall’inizio alla fine, lavorando strato per strato dall’esterno fino al ripieno”.

Il ripieno può essere di diversi tipi, dal pistacchio al cioccolato fondente, dal liquore, al caramello: ciò che importa è che la ganache sia nel suo complesso lucida e perfetta, per garantire il gusto ideale a coloro che scoprono il cuore denso del cioccolatino, dopo la soddisfacente croccantezza degli strati superficiali.

Il risultato è una serie di cioccolatini colorati, a forma di cabossa, che a vederli sembrano fatti di vetro e destinati a diventare oggetti di pregio; cioccolatini che oltre a essere belli, risultano essere a parer comune anche veramente buoni.

(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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