Riceviamo da Andrea Arman (nella foto), presidente del Coordinamento Associazioni Banche Popolari Venete “don Enrico Torta”, e pubblichiamo:
In questi giorni si parla molto del “fondo di ristoro” a favore dei risparmiatori. Le associazioni che avevano sostenuto questa iniziativa sono in agitazione perché vogliono arrivare all’approvazione dei decreti attuativi quanto prima, e cioè finchè c’è ancora quel simulacro di governo che di fatto è la continuazione dei governi che hanno duramente colpito i risparmiatori e l’economia veneta.
Lo stesso sottosegretario Barretta ha impegnato facciate di giornali per spiegare la bontà e correttezza del suo agire a favore del “fondo di ristoro” ed il suo intervento è stato l’apertura alle successive iniziative che le associazioni vicine a quel governo ed all’area Pd hanno poi di recente attuato (Meglio avrebbe fatto l’ex onorevole Barretta, ad occupare i giornali per informare gli Italiani di come e perché il governo Gentiloni abbia regalato un ulteriore miliardo di euro a Banca Intesa – soldi dei contribuenti – ed a spiegare ai risparmiatori delle popolari venete che di fatto, con questa operazione, si è annullata la possibilità di avere un ritorno dalla gestione di recupero degli Npl che dovrà fare la Liquidazione Coatta Amministrativa. Ma rimaniamo in tema…).
Già da dicembre 2017 le associazioni formate da risparmiatori, non quelle filogovernative di cui sopra, avevano fatto presente per iscritto, ed inviato agli organi di stampa, la loro opinione circa il “fondo di ristoro”, opinione che cerco di riassumere in poche parole: la legge che istituisce il fondo di ristoro per i risparmiatori è una porcheria.
Brevemente cerco di esporre le ragioni che ci consentono di fare la dura affermazione di cui sopra. Eventuali approfondimenti sul tema si possono trovare sul nostro sito: dontortacoordinamentobanchepopolarivenete.wordpress.com.
La legge in argomento individua i soggetti che possono ottenere il “ristoro” in coloro che siano stati vittime,”… in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, numero 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione ai sensi del decreto legislativo numero 180 del 2015 o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima della data di entrata in vigore della presente legge”.
E’ chiaro che si tratta della fattispecie di vendita di azioni o obbligazioni senza informare dei rischi, dell’effettivo valore delle azioni, della illiquidità eccetera… Quindi, solo chi sarà in grado di dimostrare di aver subito un pregiudizio dalla violazione di norme da parte delle banche può sperare nel fondo. E questo è il primo dei problemi sul quale si incaglieranno i procedimenti finalizzati all’accertamento della condizione.
La carenza più rilevante della legge è, però, l’esclusione dal “ristoro” di tutti i vecchi soci delle banche. Questi mai potranno reclamare alcuna violazione in fase di vendita e perché non vi è stata o perché non hanno e neppure troveranno i documenti per dimostrarla. Le banche sono tenute alla conservazione dei documenti per dieci anni; di tutto ciò che è accaduto anteriormente al 2008 è difficile, se non impossibile, dare la prova, specialmente nelle singole transazioni con i soci.
Si rammenta, e ce ne pare il caso, che Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono state, sino ai primi anni di questo secolo, indubbiamente delle ottime banche e non vi sono elementi oggettivi, cioè frutto di accertamenti da parte della Magistratura, per diversamente valutare il periodo sino al 2010 circa. Quindi, quei soggetti che hanno acquistato azioni o obbligazioni ante 2008, che dato l’arco temporale sono veri risparmiatori e sono anche la quota maggiore del capitale sociale delle banche, non possono ottenere il “ristoro”.
Due parole sulla terminologia usata dal legislatore: parlare di “ristoro” anziché di “risarcimento”, pone dei pesanti quesiti sistematici di interpretazione ed applicazione della norma, oltre che di dignità per i destinatari della stessa. I risparmiatori non chiedono un’elargizione, la carità, o qualcosa che riduca il loro soffrire. Essi chiedono venga riconosciuto che nella vicenda delle banche sono state violate le leggi ed i diritti costituzionalmente garantiti per cui debbono essere risarciti perché hanno subito un danno ingiusto. La legge sul fondo di ristoro finanziario, così come scritta, è una polpetta avvelenata che i governi che hanno causato la crisi del sistema bancario popolare veneto e la disperazione dei risparmiatori vogliono lasciare al nuovo governo.
I risparmiatori confidano che coloro che hanno vinto le elezioni e che legittimamente andranno al governo non cadano nel tranello ed abbiano la forza e la lucidità per riscrivere la legge.
Andrea Arman
Presidente Coordinamento Associazioni Banche Popolari Venete “don Enrico Torta”