Valdobbiadene, due mesi in Danimarca in piena emergenza Covid-19: l’esperienza di Ana, studentessa del “Verdi”

I giovani studenti dell’Isiss “Giuseppe Verdi” di Valdobbiadene continuano a raccontarsi con i loro preziosi contributi pubblicati in collaborazione con Qdpnews.it.

Questa volta sono Lucia Grillo e Benedetta Tormena, studentesse della classe quarta A liceo linguistico, a mettersi nei panni di un giornalista avendo curato un’intervista ad Ana Marcinko (classe quarta liceo delle scienze applicate) che è stata due mesi a Copenaghen per il progetto Erasmus +, in piena emergenza Coronavirus.

“Partecipare al progetto Erasmus – spiegano le ragazze – è un’esperienza stimolante, interessante e costruttiva. Entrare in contatto con altre culture e modi di vivere viaggiando non è un’opportunità che capita ogni giorno. Lo sa bene Ana Marcinko che ha avuto l’occasione di vivere per due mesi in una cittadina vicino a Copenaghen, in Danimarca. Abbiamo avuto la possibilità di intervistarla sul suo soggiorno e sulle sue impressioni”.

Ciao Ana, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Iniziamo chiedendoti quali sono state le differenze principali che hai riscontrato.

Sicuramente il cibo. In Danimarca amano consumare patate e pollo, sempre accompagnati da moltissime salse particolari. Possiamo dire che non esiste un piatto senza un qualche tipo di sugo. Inoltre, amano molto il pesce, il pane di segale e gli alimenti sostanziosi, grassi e perfetti per affrontare le temperature fredde tipiche del Nord.

Quali somiglianze invece hai notato?

La loro cultura è molto simile alla nostra: è evidente l’appartenenza all’Europa. Per esempio, anche dalle città si può evincere come la loro storia sia comune alla nostra, specialmente dai monumenti storici e dal tipo di arte.

Com’è la loro scuola?

L’edificio della scuola che frequentavo è modernissimo e funzionale, il sistema scolastico è molto all’avanguardia. Innanzitutto, ho potuto constatare come nella scuola ci sia un clima meno stressante. Ci sono molti corsi facoltativi, che ogni studente sceglie in base ai suoi interessi e che rendono il percorso di studi più stimolante.

Anche le lezioni sono diverse dalle nostre: il professore spiega per massimo venti, trenta minuti e poi gli studenti sono invitati a lavorare a gruppi. I compiti per casa sono sostanzialmente quello che non si è terminato a lezione.

E per quanto riguarda il carico scolastico?

Gli studenti devono sottoporsi a degli esami per ogni materia a fine anno scolastico, durante il periodo scolastico svolgono poche verifiche per materia. Non ci sono interrogazioni, al massimo delle presentazioni. Credo inoltre che apprendano meno nozioni ma più approfonditamente, dunque mi sembra più facile rispetto all’Italia.

Prima dell’emergenza Covid-19 seguivi le lezioni regolarmente in danese. Come erano le materie? Hai studiato argomenti simili a quelli che studiavi in Italia?

Sì, le materie erano le stesse ma loro studiavano in danese: c’era una materia che univa la geografia alla scienza, non saprei come chiamarla. Inoltre, la ragazza che mi ospitava, Nana, studiava spagnolo, ma era facoltativo. Fortunatamente, con il programma erano circa al mio stesso punto, anzi per certe materie anche più indietro, quindi non ho avuto problemi a seguire le lezioni, anche perché i professori si assicuravano che io capissi parlando in inglese.

Dopo qualche giorno dal tuo arrivo è scoppiata la crisi provocata dal Coronavirus. Come hanno percepito lì la notizia della pandemia? Hai avuto problemi per tornare in Italia?

Ho avuto problemi soprattutto con i voli, dato che ne sono stati cancellati molti, ma sono tornata nella data prevista. In Danimarca si sono subito adattati e hanno imparato subito a conviverci. Hanno preso precauzioni ma non erano in panico. Per esempio, le scuole e i negozi sono stati riaperti quasi subito. Forse gli anziani erano quelli che cercavano di essere più cauti, i giovani sembravano comunque tranquilli.

L’unica preoccupazione che avevano erano gli eventuali ricoveri, poiché in Danimarca ci sono pochi ospedali e piccoli, dunque temevano di non riuscire a curare tutti.

Com’è stata la partenza per il rientro?

Quando ho preso l’aereo c’erano una quindicina di passeggeri e l’aeroporto era praticamente vuoto. A Francoforte c’era un po’ più di gente, ma solo perché è un aeroporto importante. Era obbligatorio indossare mascherina e guanti, ho dovuto compilare fogli di autocertificazione che sono stati controllati a Milano, ma oltre a questo non ci sono stati altri controlli.

Valuta la tua esperienza su una scala da 1 a 10.

Dieci sicuramente perché, nonostante tutto, è stata un’esperienza molto interessante. Il Coronavirus non ha influenzato troppo il mio viaggio, semplicemente non andavo a scuola o in luoghi pubblici, ma mi sono divertita ugualmente. Infatti, mi sono trovata benissimo con la ragazza che mi ospitava e con la sua famiglia che è stata disponibilissima nei miei confronti. Posso dire di essere riuscita a godermi lo stesso il mio soggiorno. La città di Copenaghen in particolare mi è piaciuta molto perché c’era un’atmosfera più tranquilla e calma in generale. Sono stati due mesi indimenticabili e invito chiunque a provare a mettersi alla prova con un’esperienza del genere appena sarà possibile.

“Dalle risposte di Ana – aggiungono Lucia Grillo e Benedetta Tormena – possiamo apprendere una lezione: nonostante ci siano momenti di difficoltà se si è in buona compagnia non si può fare a meno di stare bene e di passare dei momenti speciali”.

(Fonte e foto: Redazione del “Verdi’s Express”).
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