È l’epoca dello spionaggio, del mondo diviso in due blocchi e della Guerra Fredda. E anche l’Italia ha un ruolo fondamentale all’interno dello scacchiere internazionale.
Oggi i quattro sottomarini della classe Toti, tra cui l‘Enrico Dandolo, sono esposti nei musei a ricordo di quel periodo, ma c’è chi, all’interno di quegli stretti corridoi d’acciaio ci ha vissuto veramente, a centinaia di metri di profondità dando la caccia ai sottomarini nucleari tra le acque del Mediterraneo. Tra gli spazi angusti del “siluro d’acciaio” nacquero anche amicizie e legami unici: gli uomini in servizio vivevano in simbiosi con il mezzo senza vedere la luce del sole anche per quattordici giorni filati.
“Ci fidavamo ciecamente l’uno dell’altro – ha spiegato un ex membro della Marina Militare che per tre anni e mezzo ha prestato servizio nel Dandolo, ma che oggi preferisce restare anonimo – ogni volta che entro nuovamente tutto prende vita, sento i rumori e gli odori di quando vivevamo al suo interno”.
Il sommergibile Dandolo non poteva trovare collocazione migliore di quella attuale, esposto dal 2001 all’Arsenale di Venezia ma completamente visitabile solo da quest’anno. Il nome lo si deve infatti a Enrico Dandolo, il più importante Doge Veneziano, vissuto a cavallo tra il 1100 e il 1200, celebre per la quarta crociata e la conquista di Costantinopoli.
“Era molto evoluto per l’epoca in cui è stato costruito – spiega il direttore dei servizi del museo storico navale di Venezia Denis Serafin – ed è stato il primo esperimento di sommergibile moderno effettuato dallo stato italiano, generalmente venivano imbarcate dalle venti alle trenta persone”.
I siluri che venivano sparati dal dandolo erano filoguidati per i primi cento metri e una volta che avevano agganciato il suono del bersaglio (come, ad esempio, l’elica di una nave) si potevano comandare da appositi comandi facendo anche curvare la traiettoria.
I sommergibili, al tempo come ora, servivano – oltre che per l’addestramento – anche per il pattugliamento delle acque nazionali e internazionali (il Dandolo operava principalmente nel basso adriatico e nel Mediterraneo). Oggi i sommergibili vengono utilizzati anche per controllare le rotte delle navi e, sfruttando la sua invisibilità, anche possibili traffici illeciti di droga, di armi e di esseri umani.
Il Dandolo, così come gli altri tre esemplari della classe Toti, venne realizzato tra il 1964 e il 1967 nel cantiere navale di Monfalcone. Entrato in servizio un anno dopo, venne disarmato con il termine della Guerra Fredda.
Lungo 46 metri e largo 4,75 metri, con una massa pari a 593 tonnellate in immersione, il sottomarino poteva spingersi fino a 150 metri di profondità. Gli uomini a bordo, tutti arruolati nelle fila della Marina Militare.
Dopo circa una quindicina di giorni in fondo al mare il Dandolo risaliva in superficie grazie al principio di Archimede che aveva sfruttato anche per scendere: un equilibrio perfetto tra acqua e aria. Se per immergersi il sottomarino fa entrare da una parte l’acqua (attraverso l’apertura delle prese a mare) e dall’altra l’aria (attraverso gli sfiatatoi), per riemergere accadrà il contrario: svuoterà gradualmente le casse, precedentemente allagate, immettendo aria compressa nei serbatoi.
Il Dandolo oggi è visitabile all’Arsenale di Venezia, la sua visita è stata implementata nei servizi del museo dopo la nuova gestione, ogni giorno tranne il martedì, giorno di chiusura del museo storico navale di Venezia.
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