14 luglio 1902, un boato scuote Venezia alle ore 9:47, è il “Paron de Casa”, così chiamato con affetto dai veneti il Campanile di San Marco, che crolla accasciato su se stesso.
In questi giorni, nel 122° anniversario dal crollo, è uscito un libro intitolato “Venezia è favolosa. In viaggio verso la sostenibilità”. Il volume è stato pubblicato da Armando Curcio Editore, autori Vittorio Baroni e Nadia De Lazzari, disegnatori Valerio Held e Maurizio Amendola, tutti residenti veneziani.
Protagonista del libro è Gigeta, una bambina di nove anni. Nel 1902, assieme all’archeologo Giacomo Boni, fece il funerale del Campanile di San Marco a 3 miglia davanti al Lido di Venezia dove furono smaltite le macerie di oltre 1.000.000 di mattoni. Allora i veneziani si misero subito all’opera e decisero di costruirne un altro “dov’era e com’era”.
“Per ricostruirlo – si legge nel libro – ci vollero 10 anni e i nuovi mattoni vennero prodotti dalla ditta trevigiana Fratelli Caberlotto di Casale sul Sile; l’azienda aveva l’obbligo di impastarli a macchina ripetutamente e cuocerli in esclusiva nella fornace a legna fino a terminare la fornitura”.
Il libro racconta la storia del Tocheton Arbib, cioè il più grande pezzo esistente del Campanile di San Marco del peso di circa 5 tonnellate. Dopo il crollo bisognava restituire a Venezia un nuovo Campanile e alla sua ricostruzione aiutarono tanti benefattori. Tra questi spicca un antiquario ed esploratore di nome Salvatore Arbib che ritirò un pezzo del Paron de Casa donando dei soldi.
Il Tocheton è formato da mattoni, marmi e pietra d’Istria, vi è anche incastonato un capitello di epoca bizantina. Arbib lo custodì con cura nel suo giardino di Palazzo Berlendis nel sestiere di Dorsoduro dove tuttora si trova.
Nel 2023 il Tocheton è stato riconosciuto bene archeologico e antropologico nazionale dal Ministero della Cultura.
(Autore: Nadia De Lazzari)
(Foto: per gentile concessione di Nadia De Lazzari)
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