Oggi facciamo tappa a Vidor, comune di tremila abitanti compreso nel Quartier del Piave, il quadrilatero delimitato a sud dal “fiume sacro alla Patria” e a nord dalle Prealpi Trevigiane, erede di un’antica suddivisione territoriale voluta dalla Serenissima.
Siamo nel cuore delle colline del Prosecco, a ridosso dell’omonimo ponte che collega le sponde del Piave e in prossimità dello storico tracciato della via Claudia Augusta Altinate, realizzata nel I secolo d.C. per mettere in comunicazione il mondo romano con quello germanico.
Il legame fra Vidor e la viticoltura è strettissimo: conosciuto come “Vidore” o “Vidoro” già nel XII secolo, il comune pare aver mutuato il proprio toponimo direttamente dal termine latino vitis (vite) o vitor (canestraio).
Non mancano, come era accaduto per Pieve di Soligo, ipotesi scientificamente meno attendibili, ma non per questo prive di fascino.
Il Dizionario di toponomastica pubblicato dalla UTET nel 1990 ne riporta addirittura quattro.
La prima, più ovvia, mette in relazione il toponimo con delle imprecisate “viti d’oro”. La seconda associa Vidor a Victorius, luogotenente del re Alboino. Una terza, suggestiva teoria evoca Vittore, legionario romano proveniente dalla Cilicia, in Asia Minore e martirizzato nella seconda metà del I secolo in Siria o in Egitto insieme alla cristiana Corona. Le reliquie di entrambi i santi, giunte a Feltre nel IX secolo, segnarono l’inizio di un culto comune a diverse località italiane fra le quali Feltre e Castelminio di Resana, frazione in provincia di Treviso.
L’ultima, fantasiosa tesi toponomastica fa riferimento al termine latino guidor, per rimarcare il ruolo di guida esercitato da Vidor nei confronti dei comuni limitrofi.
Vidor e la sua storia offrono itinerari indimenticabili attraverso i quali scoprire le vie dei pellegrini, i luoghi della Grande Guerra, l’architettura religiosa e, perché no, ammirare le leggendarie “viti d’oro” gustando il loro nettare.
(Autore: Marcello Marzani).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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