Vidor, domani la prima udienza alla Corte d’Appello di Venezia: la famiglia di Ferrante Battistin, morto sulla strada 4 anni fa, chiede giustizia

Lo scorso 23 maggio sono passati quattro anni dall’orribile incidente stradale mattutino che ha causato la morte di Ferrante Battistin, dipendente della Vanin scavi residente a Vidor.

Un incidente causato da Luca Leiballi, alla guida con la patente ritirata e sotto l’effetto di stupefacenti, condannato in primo grado a 6 anni per omicidio stradale, in quando, invadendo la corsia opposta, determinò un frontale mortale sulla strada provinciale 34 che collega Moriago a Sernaglia.

Leiballi, dopo la sentenza in primo grado, ha fatto ricorso alla Corte d’Appello di Venezia e domani, martedì 1 giugno, si terrà la prima udienza, alla quale la moglie di Battistin, Vittoriana Nardi, sempre presente a tutte le udienze, parteciperà portando con sé anche il marito, per il quale chiede vera giustizia dopo quel fatale 23 maggio 2017.

La famiglia della moglie di Battistin, alla vigilia del processo, ha affermato: “Con le sue scelte consapevoli ha distrutto te, noi, il mese di maggio. Ferrante Battistin non è solo morto, poteva esserlo di infarto, di malattia, di Covid, senza per forza dover diventare un fascicolo gestito da estranei, invece è successo sulla strada e lui non ha fatto nulla di sbagliato. Nulla”.

“Non è stata neppure un’infrazione stradale, una svista, un errore. È stata una persona con nome e cognome che ha fatto cose troppo sbagliate per essere trattate da errori – prosegue la famiglia di Ferrante – Quello che invece vorremmo poter chiedere è cosa c’è che non gli è ancora chiaro. Quale parte gli sfugge visto che continua a difendersi così intensamente usando la legge?“.

“Questa persona dopo martedì 23 maggio 2017, alle 6.50 del mattino, doveva solo accettare che anche la sua vita sarebbe un po’ cambiata, che respirava ancora e accontentarsi – proseguono – Doveva rispettarci sul serio e qualcuno di autorevole dovrebbe ricordarglielo, non permetterglielo; vanno tutelate le brave persone, a loro va data una nuova possibilità e l’aiuto per provare a rialzare la testa”.

“I diritti non sono nati con il Big Bang, Dio o chi per essi, sono stati conquistati e tutti noi dobbiamo fare la nostra parte per meritarli – conclude la famiglia della moglie di Battistin – Aiutiamoci tra noi in queste battaglie di civiltà perché la strada è un luogo che frequentiamo tutti e sulla strada non si muore per destino“.

I familiari di Battistin, infatti, collaborano attivamente con l’associazione italiana familiari e vittime della strada e, nel corso di quest’anno scolastico, sono riusciti ad organizzare un importante progetto di educazione stradale nelle scuole medie di Valdobbiadene e Vidor grazie alla sinergia instaurata con le amministrazioni Fregonese e Bailo (vedi articolo).

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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