Ha sofferto dannatamente, ha perso 26 chilogrammi di peso, ma la tempra di carabiniere, anzi di maresciallo comandante di stazione (sottotenente), quella di via Boni, al comando compagnia dei Carabinieri, ha battuto anche il coronavirus: è uscito oggi dall’ospedale di Vittorio Veneto il maresciallo Luca Roberto (nella foto), 81 anni. Era rimasto l’ultimo paziente Covid-19 del nosocomio.
Ci sono voluti quasi 100 giorni per avere la meglio sulla malattia, ma alla fine Roberto, questo pomeriggio ha varcato la porta di casa: una gioia immensa dopo tanta sofferenza.
Per il maresciallo, conosciutissimo in città, tanti sono rimasti in apprensione quando hanno saputo del suo ricovero. Oggi al suo arrivo, emozionante, anche per i cartelli che gli hanno preparato i nipoti, i condomini della sua via lo hanno accolto con un grande applauso.
Ora è un po’ debilitato, ma felice, dovrà continuare il recupero, ma davvero il peggio è passato. Prima dello scadere dei due mesi di ricovero aveva scritto una lettera di riconoscenza al mondo medico che lo ha curato, citata anche dal governatore Luca Zaia.
D’altra parte Luca Roberto è da sempre vicino al mondo della sanità visto che con il collega Francesco Ragusa fondò a Vittorio Veneto il Tribunale per i diritti del Malato.
“Si pensa sempre a denunciare ciò che non va invece di evidenziare quando le cose funzionano – scrisse -; quando i frutti si vedono e quando ci si adopera per arrivare ad un risultato comune. Così è stato per me. Grazie all’amore, alla dedizione e alla professionalità di tutto il personale dell’Ospedale di Vittorio Veneto, ho potuto superare una prova pesantissima” .
Ora è finito l’incubo: maresciallo che ricorda di questa malattia?
“Sono stato per un mese con casco e ossigeno, non ho mangiato nulla, solo una flebo, e l’ossigeno giorno e notte. E’ successo che avevo febbre, non passava. La dottoressa mi ha prescritto antibiotici, ma nulla. Così abbiamo chiamato il 118 e in ospedale con il tampone mi hanno trovato subito positivo. Era il 16 marzo, sono uscito il 23 giugno, 99 giorni esatti”.
E’ stata durissima allora?
“Molto, sempre a letto: prima tra maschera e casco 45 giorni, sono stato in terapia semiintensiva, poi in medicina, poi in ospedale di comunità e alla fine per il recupero in fisioterapia. Avevo la respirazione forzata, non riuscivo più a camminare, ora ci riesco anche da solo, ma mi sento ancora debilitato, non posso muovermi molto, mi viene l’affanno”.
L’esperienza in ospedale durante il pieno della pandemia?
“Devo dire che sono stati bravi davvero i medici, gli operatori, gli infermieri, i tecnici tutti. Dovevo scrivere quella lettera per riconoscere il duro lavoro di chi lavora in ospedale”.
(Fonte: Fulvio Fioretti © Qdpnews.it).
(Foto: per gentile concessione di Luca Roberto).
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