“Il basket è uno sport logico per persone intelligenti”: ha le idee chiare Sergio Tavčar sullo sport in generale e sulle modalità di condurre una telecronaca.
Un lavoro da lui condotto per anni a Tv Koper Capodistria, storica emittente prima jugoslava e poi slovena di lingua italiana, ma anche in radio. Da non dimenticare le sue collaborazioni giornalistiche con testate come Il Giorno e Il Resto del Carlino, oltre a riviste specialistiche.
Il giornalista si è raccontato ieri sera, in occasione di un incontro organizzato nell’aula civica del Museo della Battaglia di Vittorio Veneto, nell’ambito della rassegna “Sport è cultura”, introdotto dall’assessore Enrico Padoan.
L’incontro, dal titolo “La pallacanestro ai tempi degli highlights”, ha visto il racconto di Tavčar sul fronte dello sport e sulle modalità attuali di fare comunicazione sportiva.
“Oggi è cambiato lo sport, come il modo di presentarlo – la sua premessa -. Si stanno dimenticando alcuni valori necessari per fare la telecronaca“.
“A volte si dimentica di commentare quello che sta succedendo in campo, quando invece bisogna parlare alla gente in maniera semplice, spiegando anche le regole di base del gioco di squadra – ha aggiunto -. Invece, al contrario, si vuole essere troppo tecnici“.
Secondo il giornalista, in Italia bisognerebbe rivedere anche il concetto di sport, che a suo dire non verrebbe valorizzato come negli altri Paesi: “In Italia la cultura sportiva non esiste e le ore di ginnastica vengono utilizzate un po’ così – ha spiegato -. Lo sport contribuisce a socializzare e a capire le gerarchie del gruppo, dove ognuno deve essere messo nelle condizioni di dare il meglio di sé: il bravo allenatore è colui che è bravo a percepire la persona che ha davanti. Lo sport insegna il sacrificio, a lavorare”.
“A testimonianza di ciò è il fatto che un campione, quando perde, soffre e, quindi, se prima si allenava 4 ore, il giorno dopo si allenerà 8 ore, per non provare più quella sensazione – ha aggiunto -. Credo che sia importante che ci sia un concetto di sport come cultura e non come agonismo: lo sport è cultura o, comunque, dovrebbe essere così”.
“All’estero viene sviluppata la cultura dello sport nelle scuole, mentre in Italia se sei uno che fa sport, per i professori sei uno che non fa i compiti al pomeriggio” ha aggiunto.


Successivamente, il focus del discorso si è spostato sulla pallacanestro, che per decenni ha raccontato e commentato in tv: “Il basket è uno sport logico per persone intelligenti: se non lo sei, non iniziare neanche a giocare – ha commentato -. La telecronaca che mi è piaciuto di più fare? Sicuramente la semifinale del 2006 tra Usa e Grecia in Giappone, dove i greci hanno letteralmente preso in giro le stelle americane: tutto ciò mi ha portato a una sorta di ‘estasi’ agonistica”.
Tra i tanti aneddoti raccontati, il giornalista si è soffermato sulla questione dei cambiamenti che ci sono stati nel basket, a partire dalla fine del secolo scorso: “A metà degli anni Novanta era chiaro che il basket non avrebbe potuto crescere, in termini di popolarità, oltre certi livelli – ha riferito -. Così, quello che era uno sport raffinato, è diventato uno sport delle periferie”.
“Prima, per giocare a basket, era necessario aver frequentato l’università e averla terminata e, se eri un giocatore nero, dovevi dimostrare di essere due volte più forte e più preparato: era tutta gente dalla straordinaria cultura e di un certo spessore – ha raccontato -. Poi è diventato uno sport del ‘ghetto’, con giocatori dalla grande fisicità, ma non con lo spessore culturale dei loro predecessori”.
“Il basket è quindi diventato uno sport da ‘campetto di periferia’, con i giocatori che sembrano delle ‘galline impazzite’ – ha continuato -. In questo scenario, la mia soglia di tolleranza per le partite dell’NBA (e per le loro telecronache) non supera i 3-4 minuti”.
(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto e video: Arianna Ceschin)
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