La scuola italiana di ingegneria. Dal dopoguerra al dopo Vajont. Al via “Dolomiti, metamorfosi di un paesaggio”

Al via “Dolomiti, metamorfosi di un paesaggio”

Cos’è stata l’ingegneria italiana nel secondo dopoguerra, che con i progetti del Grande Vajont ha raggiunto i massimi livelli nazionali e internazionali? E quanto ha influito il disastro del Vajont nella cognizione di ciò che era stato realizzato, sperimentato e invidiato da tutto il mondo? Con il crollo del Monte Toc vacilla anche l’idea che l’ingegneria possa affrontare e superare qualsiasi difficoltà, compromettendo non solo la cognizione di un “eroico” passato di questa disciplina ma anche quella di un suo possibile futuro. 

Questo è stato il tema della conferenza tenutasi giovedì sera alla centrale idroelettrica Enel di Nove dalla professoressa Tullia Iori, apprezzata divulgatrice e nota esperta della storia dell’ingegneria italiana del Novecento, nel settimo evento del programma “Dolomiti, metamorfosi di un paesaggio”. 

Con l’occasione, prima della conferenza tecnica, è stata organizzata una visita guidata al modellino in scala della Diga del Vajont posto all’esterno della centrale. 

Le valli dolomitiche, percepite generalmente come zone di villeggiatura, sono state, nel secolo scorso, lo scenario di un cambiamento epocale, di una trasformazione del territorio che ha colto di sorpresa una comunità che per millenni si è perpetuata in tradizioni e comportamenti fondate sulla sussistenza in zone impervie e spesso isolate. 

Sarà proprio con il programma di eventi “Dolomiti, metamorfosi di un paesaggio”, promosso da Mu.Ri museo diffuso regionale dell’ingegneria e M9 museo del Novecento che, a partire da quest’anno – coincidente con il 60° anniversario della tragedia del Vajont, fino al 2026, in occasione delle Olimpiadi invernali di Cortina – si racconteranno le storie di questa grande trasformazione e delle opere che l’hanno indotta. 

Il programma di eventi sarà propedeutico all’individuazione e realizzazione degli itinerari del museo diffuso Mu.ri, iniziativa che considera le opere di ingegneria e le infrastrutture risorse di conoscenza che possono rendere memoria del passato e fare esperienza per il futuro. Una rete, quella che lega fiumi, laghi, canali, dighe, centrali, ponti, strade e ferrovie, che favorisce anche la scoperta di un vasto patrimonio storico, culturale, artistico e archeologico, spesso ubicato in luoghi poco conosciuti ed esclusi dai percorsi tradizionali. 

L’iniziativa Mu.Ri museo diffuso regionale dell’ingegneria è sostenuta sul piano scientifico e operativo da un gruppo di ricerca e divulgazione delle Università degli Studi di Padova e di Udine, che si interfaccia con enti, associazioni e soggetti privati tramite protocolli d’intesa, tra i quali quello stipulato con il Comune di Vittorio Veneto che partecipa attivamente allo sviluppo degli eventi previsti dal programma “Dolomiti, metamorfosi di un paesaggio”.

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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