I lanifici di ieri e di oggi a Vittorio Veneto: è questo il tema che verrà affrontato dall’imprenditore del tessile Roberto Bottoli, proprietario del Lanificio Bottoli a Serravalle, in questa prima puntata di “Le industrie vittoriesi tra Ottocento e Novecento”, approfondimento realizzato in collaborazione con il Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche di Vittorio Veneto.
“Nella nostra zona il settore tessile era primario nel periodo precedente l’ultima guerra e nel periodo successivo – spiega Bottoli -. Un settore che ha perso di importanza rispetto ad altri, però ha lasciato tracce significative nel nostro territorio. La base culturale del tessile deriva dalla seta, data la presenza nel territorio delle bacologie e delle filande, nella seconda parte dell’Ottocento e la prima del Novecento”.
La storia del tessile a Vittorio Veneto
“Il settore laniero, di cui io dovrei essere l’ultimo esponente locale, parte dal 1870 con l’insediamento in Vittorio Veneto di alcuni lanifici di provenienza veneziana, nella fattispecie il lanificio Cini, che portavano lo stabilimento a Vittorio Veneto per la facilità del reperimento dell’acqua, con costi di produzione quindi migliori di quelli di Venezia – illustra Bottoli -. Successivamente il lanificio Buovo di Follina e il Todesc di Venezia. Questi tre lanifici diedero luogo al lanificio Bottoli e Cerrutti che, nel corso degli anni, ebbero vicende alterne con una forte espansione nei primi anni del Novecento (fino al ’45), una buona espansione nei primi anni del dopoguerra (dal ’48 al ’60), e poi ebbero un declino dovuto a una serie di fattori difficili da individuare.
Questi lanifici presero il posto, dal punto di vista occupazionale, delle filande e di tutto il personale che si dedicava alla seta. Marginale a questo lanificio, c’era la parte Cascami seta, una filatura nata negli anni ’40 per il trattamento dei sottoprodotti della seta – continua -. Da questa azienda nacque la Mafil (Manifattura Filati di Vittorio Veneto) che operò nel campo filatura fino agli anni ’60. Poi, sempre una costola fu la Torcitura, una parte della Snia Viscosa che si trasferì a Torviscosa, guidata da Mariotti. Essa divenne di importanza mondiale per la creazione di una nuova fibra: la viscosa, una fibra artificiale derivata dalla pasta di legno”.
Oltre ai 1.500 dipendenti diretti che c’erano negli anni ’70, dobbiamo sommare i terzisti, tessiture artigiane che lavoravano per conto dei lanifici, i laboratori di rammendo, laboratori di ritorcitura: erano centinaia se non migliaia di persone che lavoravano nel settore – aggiunge -. Nel primo dopoguerra il sistema tessile era quello che dava maggior occupazione nell’area, dato che si erano estinti la seta, la carta e altri tipi di manifatture”.
Perché nasce a Vittorio Veneto?
“L’industria tessile a Vittorio Veneto deriva da una storia millenaria: la pastorizia della zona, che portava la lana grezza in città e veniva lavata con l’acqua del Meschio – continua Bottoli -. Le famiglie della zona, successivamente, si portavano la lana a casa e facevano la filatura a mano, tessevano con i telai e portavano i tessuti grezzi al Follo. Con l’acqua del Meschio, e una serie di folli, follavano, tramite la forza idraulica, questi panni”.
A Serravalle un Follo ancora oggi visibile
“Uno dei folli presenti a Vittorio Veneto è a Serravalle, a margine del nostro lanificio, e risale al 1311, appartenente al convento delle monache. Noi come lanificio lo abbiamo restaurato negli anni 2000: è l’unica ruota idraulica attiva sul Meschio e quindi abbiamo l’onore di portare avanti, quantomeno visivamente, un manufatto che segna la storia dell’inizio della tessitura, del trattamento della lana. Dal 1800 in poi la ruota, invece che comandare il follo per la follatura dei panni, venne usata per la macina del grano. Attualmente il follo non è più un follo ma un mulino. Abbiamo una testimonianza di un passato che però rivive in un manufatto ancora oggi visibile” conclude Bottoli.
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