Paolo Vaj era ubriaco quando è morto. E quindi incapace di difendersi.
E’ questo quello che dicono gli esami tossicologici effettuati sul corpo del 57enne, ucciso la notte del 18 luglio nella sua casa di via Cal dei Romani. In carcere, con l’accusa di omicidio volontario ci sono Patrizia Armellin la compagna 54enne, e Angelica Cormaci l’amica siciliana 24enne che conviveva con loro.
Le due sono accusate di aver soffocato l’uomo, probabilmente salendo sul suo petto con il peso del proprio corpo. E l’esito degli esami, rischia di appesantire ulteriormente la loro posizione perché potrebbe portare alla contestazione dell’aggravante della minorata difesa.
Il test sul sangue dell’uomo, infatti, ha accertato che al momento del delitto aveva nel sangue un valore oscillante tra 1.20 e 1.23 milligrammi di alcol per decilitro di sangue. Un valore che comporta un deficit delle percezioni intellettuali e fisiche, e di conseguenza l’impossibilità di difendersi.
La perizia è stata da poco depositata sul tavolo del sostituto procuratore ministero Davide Romanelli che coordina l’indagine, insieme ai risultati degli esami sul cuore della vittima. Al momento dell’autopsia, il dottor Alberto Furlanetto che ha stabilito come causa della morte l’asfissia provocata da schiacciamento toracico, ha disposto anche l’esame sugli enzimi cardiaci.
Che non ha però portato ad alcun risultato. Lo stato di conservazione del cuore, infatti, avrebbe reso impossibile questo test e quindi anche l’eventuale accertamento di una morte per infarto. Possibilità che avrebbe potuto alleggerire le accuse nei confronti delle due indagate.
Sulle quali pende invece anche l’aggravante della premeditazione, per una serie di messaggi, rilevati dalla perizia sui loro telefoni cellulari, nei quali Angelica scriveva a Patrizia: “Quello lo voglio morto”. Parole che le due si sarebbero scambiate anche la mattina precedente al delitto.
(Fonte: Redazione Qdpnews.it).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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