Paolo Vaj era un uomo gentile, che ogni tanto beveva più del dovuto ma che mai era stato violento.
Questa l’immagine del 57enne ucciso la notte del 18 luglio 2019 nella sua casa di via Cal dei Romani a Olarigo, tratteggiata dai testimoni sentiti ieri nel corso di una nuova udienza del processo che vede imputate di omicidio volontario premeditato la compagna Patrizia Armellin e l’amica Angelica Cormaci.
A salire sul banco dei testimoni ieri è stata Roberta Bencini, la moglie dalla quale il 57enne si era allontanato ma non separato, e Valentina Armellin, sorella di Patrizia. Dalle loro parole è emerso un ritratto davvero discordante con quello tratteggiato dalle imputate, e in particolare da Angelica che con l’amica aveva instaurato un rapporto morboso e agli inquirenti aveva confessato: “Paolo picchiava mamy, l’ho ucciso per proteggerla”.
La moglie Roberta ha infatti spiegato: “Il nostro rapporto è stato purtroppo travagliato, perché tra di noi c’è sempre stata lei. Paolo era benestante e aveva capito che lei era interessata ai suoi soldi e non a lui, ma ne subiva il fascino”.
Bencini ha anche negato che l’uomo fosse un violento e un alcolizzato: “Quando è morto il padre era caduto in depressione, e aveva iniziato a rifugiarsi ogni tanto nel bere, ma quando lo faceva andava a letto. Non è mai stato violento”.
Dichiarazioni analoghe a quelle di Valentina, la sorella con la quale Patrizia Armellin ha troncato i rapporti da 13 anni, da quando le due avevano litigato proprio per Paolo.
La 57enne che era in vacanza a Creta con il compagno era scappata a casa e aveva confidato alla sorella di essere fuggita perché lui la picchiava: “Ma non era vero. Lei si era infatuata di un altro e l’aveva portato in vacanza” ha spiegato Valentina raccontando di aver sempre avuto un ottimo rapporto con Paolo: “Era gentile, premuroso”. Era così legata a lui che era stata lei a informare la moglie della morte dell’uomo.
“Me l’hanno ammazzato” aveva risposto Roberta. Due giorni dopo, ancora Valentina scrive a Roberta un messaggio su WhatsApp: “Invocheranno la legittima difesa ma noi sappiamo che non è vero, devi fare qualcosa”.
Questo quanto emerso nell’udienza che ha visto alzarsi i toni tra gli avvocati della difesa Marina Manfredi e Stefania Giribaldi e il legale di parte civile Nicodemo Gentile, tanto che il presidente della Corte ha più volte minacciato di sospendere il dibattimento.
A salire sul banco dei testimoni ieri anche il medico del 118 intervenuto quella notte e che, su sollecitazione della difesa, ha ammesso: “Io sono arrivato dopo l’equipaggio dell’ambulanza, Vaj era morto da poco perché era ancora caldo. Non è stato eseguito il massaggio cardiaco che sarebbe previsto dal protocollo”. Il medico, sollecitato dall’avvocato Giribaldi, ha anche confermato: “Con l’asfissia vi possono essere casi di morte apparente per i quali è possibile la rianimazione”.
È stato sentito anche un testimone di un incidente che il 57enne aveva avuto pochi giorni prima di essere ucciso. L’uomo ha raccontato di averlo visto sull’asfalto con lo scooter sopra di lui.
Secondo la ricostruzione difensiva, quell’incidente, a causa del peso dello scooter, avrebbe provocato le lesioni alle costole riscontrate in sede di autopsia che hanno portato il medico legale a stabilire la morte per schiacciamento toracico. Che, secondo l’accusa, sarebbe stato provocato dalle due imputate salite di peso su Vaj.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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